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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2020
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Pensate di entrare da un rigattiere e pescare oggetti dimenticati ricostruendo il percorso della vostra vita. Nessuna nostalgia, ma solo lo stupore di aver attraversato un tempo diverso, scenari diversi, e di aver imparato a distillare il passato per ripensarlo con gentilezza e premura. Un concentrato grazia e ironia in queste pagine…
Quello che non c'è più, che sfuma e che il tempo muta o lava con la pioggia dei giorni, quelle abitudini legate a stagioni giovani, ai primi istanti ricettivi, quei "prelievi di ricordi" che da adulti salvano assai più di tante comodità sotto mano. Il titolo è Piccoli addii, ma la sostanza è l'opposto, e cioé il bagaglio del perduto, del rimpianto ancora lì presente coi suoi urti e il suo incanto a stringerci in un abbraccio immanente. Accade che l'età a un certo punto torni al suo strato intatto, al poco che la dirigeva, alle radici umane e sociali che ciò che potevamo. Perché accade questo? Perché possono migliorare crescendo le nostre condizioni e tuttavia avere a cuore quegli sfondi? Perché il tempo delle sigarette singole, sciolte ancora incanta e commuove? Perché l'umiltà della terza classe nei viaggi in treno torna a imbrattare di poesia le fibre e le ansie più vere del nostro illusorio andare avanti? Una sola frase prende per mano un morso di chiarezza e finisce per diventare la risposta più alta: "Le labbra eroticamente socchiuse di un salvadanaio, dove poche monete fanno più rumore di molte". Questo il fraseggio che anima per "pillole", per "attimi" le pagine di questo librino, l'incontro fra un'epoca e un rimpianto, "la sfiorita malinconia in cui ci si riavvolgeva, come in uno scialle". Un carico di passato che torna e recide il ventre del presente come in un parto identico ad allora che non ha smarrito nulla di quelle "minute" ricchezze. Quel provvisorio che sosteneva e sospingeva in un'Italia forse più pulita, e che bastava a colmare sogni e spinte e a interrogarsi senza uscirne compresi, più o meno come quel verso di Pasternak che l'autore rammenta, "Febbraio, prender l'inchiostro e piangere", dopo il quale Mariotti scrive: "So che è bello ma non so perché". Ecco qui l'essenza dello scrigno, l'infranto che si salda in un ritorno che è vita sollevata, "brandelli scampati a mille trasformazioni", l'ora senza lancette sulla cattiveria di rughe impietose.
Questo piccolo libro (essenziale ed elegante la veste editoriale della nuova collana) mi ha regalato piaceri inattesi nella lettura. Si tratta di un memoir dalla forma particolare, che si realizza anche nell’evocazione di oggetti oggi perduti, restituiti con un’aura nostalgica e poetica, talvolta con un tocco di ironia. Ho apprezzato in particolare la prima parte legata all’infanzia, dove una volpe da armadio e una matassa sono lo spunto per rapide riflessioni sull’indole umana e la natura ingarbugliata dell’esistenza.
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