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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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Con un colpo di scena struggente il commissario Ricciardi chiude il suo ciclo. Il dodicesimo romanzo della serie del commissario Ricciardi.
Tutto il dolore del mondo, è questo che la vita ha sempre riservato a Ricciardi. Poi, a dispetto del buonsenso e delle paure, un pezzo di felicità lo ha preso al volo pure lui. Solo che il destino non prevede sconti per chi è condannato dalla nascita a dare compassione ricevendo in cambio sofferenza, e non è dunque su un omicidio qualsiasi che il commissario si trova a indagare nel torrido luglio del 1934. Il morto è l'uomo che per poco non gli ha tolto la speranza di un futuro; il principale sospettato, una donna che lo ha desiderato, e lo desidera ancora, con passione inesauribile. Cosí, prima di scoprire in modo definitivo se davanti a sé, ad attenderlo, c'è una notte perenne o se ogni giorno arriverà l'alba con le sue promesse, deve ancora una volta, piú che mai, affrontare il male. E tentare di ricomporre, per quanto è possibile, ciò che altri hanno spezzato.
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Non ti dimenticare di noi Luigi Alfredo. E infatti meno male che l'autore ci ha ripensato e ha fatto proseguire questa emozionante saga, a cui era stato riservato un epilogo raffazzonato e frettoloso. Il romanzo infatti scorre abbastanza noiosamente, senza sale, anche perché stavolta l'identità dell'assassino la s'intuisce sin dalle prime pagine. Ci sono alcune, forse troppe, pagine dedicate ai turbolenti sentimenti dei personaggi secondari (Nelide ed Enrica su tutti) che annacquano la tensione narrativa. Interlocutorio.
Ho letto Il pianto dell'alba (il cui sottotitolo allude, nemmeno troppo velatamente, alla chiusura della serie) sapendo già dell'esistenza di un volume successivo (Caminito). Mi chiedo quindi come debba interpretare questo romanzo, che sembra voler chiudere con l'amato commissario Ricciardi (peraltro in un modo che mi ha fatto profondamente arrabbiare). la trama gialla è, come al solito, secondaria rispetto ai personaggi e all'atmosfera, che in questo caso però mi hanno convinto meno che nei precedenti volumi.
Sicuramente lo scrittore è abile, trama abbastanza accettabile in sé ma non gli anacronismi (per chi conosca realmente la Storia con la s maiuscola). Linguaggio con troppi anacronismi e forestierismi: posizionare, supporto (anziché sostegno), fr**** (termine volgare romanesco non in uso in altre parti d'Italia almeno all'epoca), realizzare anziché comprendere...e con qualche errore di grammatica ("così tanto da"). Per quanto riguarda l'ambientazione storica, analogo discorso. Nel 1934 Italia e Germania non erano affatto amiche e alleate, anzi. Insinuare che Edda Ciano patrocinasse delitti, mah... Io eviterei di coinvolgere personaggi storici reali in opere di fantasia. Dipingere un'Italia fascista dove la gente sospetta spariva di notte francamente fa ridere: senza voler per questo giustificare il regime fascista, gli oppositori (magari per motivi assurdi come una barzelletta o uno scherzo, questo è vero) venivano magari mandati al confino ma dopo essere stati pubblicamente arrestati dalla polizia, non certo di nascosto e da personaggi misteriosi comparsi dall'ombra. Forse l'autore - date anche le sue simpatie politiche - ha ritenuto opportuno dipingere a tinte fosche l'ambientazione trattandosi del periodo fascista, di cui peraltro ormai, venute a mancare le generazioni che vi vissero, molti hanno una conoscenza fumettistica o orroristica, ma non è attribuendogli colpe fantasiose che si condanna il fascismo e soprattutto non si spiega il consenso che aveva all'epoca. L'Italia di allora non era la Germania di Hitler o la Russia di Stalin. Altri scrittori hanno ambientato romanzi polizieschi nell'Italia fascista restituendone un quadro più verosimile (non alludo a Lucarelli, sia chiaro).
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