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«Le piace Tacito?» Ritratti di storici antichi - Piero Treves - copertina
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«Le piace Tacito?» Ritratti di storici antichi
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«Le piace Tacito?» Ritratti di storici antichi - Piero Treves - copertina

Descrizione


Quali linee hanno caratterizzato il dibattito degli studi di storia antica dall'età neoclassica alle guerre mondiali? Quale posto hanno occupato grandi storici antichi come Tucidide e Tacito, biografi come Plutarco e Svetonio, nell'Italia e nell'Europa tra Ottocento e Novecento? Sono questi alcuni dei temi di uno dei saggi di Piero Treves, storico del mondo greco-romano e della cultura classica in Italia, qui riproposti.
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Dettagli

2011
1 settembre 2011
9788884195333

Voce della critica

  Fin dal titolo del volume, stralcio di una conversazione tra Napoleone e Goethe, Carlo Franco ci introduce nella dimensione del dialogo, o del dibattito, con e sui classici, che fu la dimensione della vita e dell'attività di Piero Treves (1911-1992). Ed è anche la dimensione del recente lavoro di Franco, che di questo storico del mondo antico si propone di mettere in luce il pensiero illuminante attraverso i percorsi delle sue discussioni erudite, l'importanza delle sue domande e risposte. "Le piace Tacito?" è in prima istanza una raccolta di saggi in cui Treves ha ricostruito le linee degli studi di storia antica tra Ottocento e Novecento e illustrato la fortuna alterna di storici e biografi greci e romani, come Tucidide e Tacito, Plutarco e Svetonio, dall'età neoclassica alle guerre mondiali. Ma è anche, e soprattutto, un libro su Treves stesso, realizzato con una sapiente regia che, attraverso una disposizione meditata dei saggi, crea una galleria di ritratti di antichi, che acquisisce unità e senso alla luce del ritratto principale di Treves. Questo appare ad apertura del libro, nella nutrita introduzionedi Franco, che con un chiaro e coinvolgente racconto guida il lettore tra le pieghe raffinate di una personalità complessa e affascinante, che fu storico, giornalista, studioso, ma volle prima di tutto essere uomo. Un compito difficile per un ebreo e antifascista, figlio del grande socialista e nemico personale di Mussolini, Claudio Treves. La vita e l'opera di Piero ruotano intorno a questa difficoltà di vivere la propria libertà di uomo e di studioso di fronte alle discriminazioni razziali e alle censure del regime. Una difficoltà che diventa punto di vista privilegiato per una profonda comprensione dell'antico, per un'intima comunione con i classici, in cui Treves cercò lezione e conforto, lo sprone per continuare a resistere negli anni dell'esilio, il messaggio di humanitas per esorcizzare la disumanità del presente. Tutta la produzione di Piero Treves è perciò caratterizzata dalla compenetrazione tra antico e moderno, dai giovanili commenti agli autori antichi fino alle opere mature, decisamente concentrate sulla storia degli studi classici. I saggi qui raccolti appartengono a questo campo di indagine, ma, oltre al contributo scientifico, offrono un'importante lezione di metodo storico: Treves segue il percorso degli antichi attraverso i secoli, stagioni diverse e lontane della cultura europea, ma nello stesso tempo contesta le interpretazioni attualizzanti e tendenziose, politicizzate e strumentali, allegoriche e analogiche che di essi via via furono date. Ne restituisce in cambio la dimensione ideale, il messaggio etico e assoluto, il valore atemporale che li rende intramontabili maestri per tutte le epoche, sebbene sempre uguali a se stessi. Questo è il contenuto della prolusione triestina del 1962, che, con una panoramica generale sugli studi di storia greca nel corso del XIX secolo, introduce i saggi sui singoli storici antichi, e ne offre la chiave di lettura. Non senza una nota polemica, Treves ripercorre le "storie della storia greca" scritte, e viziate, da più prospettive politiche e partigiane, dall'antibonapartismo di Niebuhr, al liberalismo repubblicano di Grote, al liberalismo romantico di Curtius, al razzismo di Beloch, per salutare poi la rinascita della storiografia genuina nel ripensamento etico di De Sanctis, che, sulla scia di Jaeger, individua nello studio della grecità la restaurazione dei valori umanistici, spazzati dalle guerre mondiali. E così Tucidide, Plutarco, Tacito e Svetonio, giudicati alla luce di istanze ora idealistiche e nazionalistiche, ora unitariste e razziste, sezionati dai cultori del tecnicismo scientista, hanno attraversato l'Ottocento, apprezzati e criticati, ma di certo non capiti. Tucidide, considerato in quanto narratore della sconfitta dell'Atene periclea, è anche, e soprattutto, testimone della religione della polis, sintesi di educazione e umanità che è la vera dimensione dell'Atene di Pericle. Plutarco, prima che collettore di informazioni biografiche, è consapevole portavoce del senso dell'umanità, della forza della tradizione che, concatenando passato e presente in nome del paradigma etico, assicura la vita della grecità sotto l'impero di Roma. La stessa lezione si deve leggere, in negativo, in Svetonio e Tacito, testimoni di una cultura latina in declino a causa della rottura della tradizione, che toglie respiro morale alle Vite di Svetonio, e riversa nei resoconti storici di Tacito una disperazione senza risposte. Così, invece di cercare in Tacito, come hanno fatto Napoleone e altri dopo di lui, i germi del cesarismo e dell'anticesarismo, l'adesione o la polemica all'impero, Treves raccoglie da lui e dagli altri classici, e ci trasmette, il senso della storia, il metodo dell'indagine: il culto della tradizione e della humanitas, che è continuità di vita, per i classici e per noi. Antonella Capano

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