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Negli ultimi anni c'è la preoccupante tendenza, anche nella sinistra, di essere tacciati di "antiamericanismo" non appena si esprime una forte critica nei confronti della politica internazionale degli USA. Questo libro è una illuminante analisi sul significato di dichiararsi oggi "antiamericani", senza paura di accuse di integralismi. Non si tratta di un pregiudizio, ma di un giudizio fondato su ciò che oggi rappresenta la politica imperialista e sprezzante del diritto internazionale degli USA. L'ignoranza dell'"altro", l'imperialismo, il considerarsi al disopra della legge è sempre stata una caratteristica della politica internazionale statunitense (a parte circoscritte parentesi) ma mai come oggi, dopo il crollo dell'URSS, si configura in modo tanto pericoloso per il resto del mondo. Può condiderarsi una vera democrazia quella in cui il presidente ed il congresso del paese militarmente più forte del mondo sono eletti da meno della metà della popolazione? Quale pericolo per la pace mondiale è rappresentato da un paese che detiene un arsenale di armi (molte sono armi di distruzione di massa...) in grado di distruggere il pianeta? Lo scenario è sconfortante e possiamo solo sperare nei loro sempre numerosi errori militari (pare che non sappiano imparare dall'esperienza). Niente di offensivo per il popolo americano, pur se a mio personale parere si tratta di una delle popolazioni più facilmente manipolabili dal potere, creduli della retorica più stucchevole. Se qualcuno oggi criticasse la politica estera (ma anche interna) italiana, non potremmo che tacere ed accusare. O li dovremmo considerare "anti-italiani"? Per chi avesse voglia di approfondire lo scenario consiglio un altro libro interessantissimo: "La guerra infinita" di Giulietto Chiesa.
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