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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2018
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Opera capitale e innovatrice, sia per la sostanza sia per il metodo, Il pensiero cinese è il libro della piena maturità di Marcel Granet, dove vengono a confluire e ad amplificarsi i risultati delle sue geniali ricerche. Il lettore non vi troverà soltanto una storia del pensiero cinese, ordinata per date e autori: ben più ambizioso è il compito che Granet si è scelto. Con questo libro – si può ben dire per la prima volta – un sinologo ha provato, con straordinaria felicità, a ricostruire una per una le categorie in cui il pensiero cinese si è manifestato, superando così, audacemente, il limite più grave che incontriamo anche nelle più attendibili storie della filosofia cinese, per esempio in quella di Forke: e cioè di essere pur sempre una sorta di ritraduzioni del pensiero cinese nel linguaggio filosofico che ci è familiare dalla nostra tradizione. Non solo: applicando con conseguente radicalismo la teoria sociologica della scuola di Durkheim, e soprattutto le formulazioni di Marcel Mauss, Granet non ha ritenuto possibile di dar conto del pensiero cinese senza seguirlo in atto nei più minuti e oscuri aspetti della vita sociale e dell’etichetta, nei presupposti cosmologici e mitologici, e infine nei tanti travestimenti in cui la infida storia cinese ha fatto ricomparire per secoli sempre la stessa serie di princìpi fondamentali. Una rete speculativa immensa si tesse in questo libro, dove le vite dei grandi pensatori, spesso così elusive e sottratte a ogni certezza, si intrecciano con i particolari di un rito, con una antica metafora, con la figurazione di una danza arcaica; dove la musica occupa altrettanto spazio della morale, e anzi spesso vediamo l’una illustrare l’altra; dove alla teoria dei numeri è dedicata una memorabile analisi che forma da sola quasi un libro a parte, analisi che rivela per la prima volta la fisionomia della sottilissima numerologia cinese, scienza qualitativa più che quantitativa, antitetica alla nostra matematica; dove, infine, Lao tseu e Confucio, i due più famosi pensatori della Cina, vengono presentati non tanto come capiscuola di opposte dottrine filosofiche, quanto come due costanti nella fenomenologia del pensiero cinese, sicché la loro opera ci appare, più che come l’irripetibile costruzione di un singolo, come una sorta di ricettacolo dove il fondo stesso del pensiero cinese arcaico si è raccolto e si è dato due forme complementari. Questo libro è valso anche a dimostrare come, più che in ogni altra delle grandi civiltà, in quella cinese i diversi piani, filosofico, religioso e sociale, fossero, in origine, pressoché indistinguibili: Granet è riuscito a darci della Cina arcaica una immagine totale.
Uscita nel 1934, e accolta dal silenzio delle riviste specializzate, quest’opera fu così giudicata qualche anno dopo da un altro grande sinologo, J.J.L. Duyvendak: «Si possono senz’altro rimproverare a questo libro certe stravaganze, ma esso appartiene in ogni caso a quanto di più splendido sia stato scritto sul pensiero cinese». In anni più recenti, Joseph Needham, la massima autorità fra i sinologi viventi, ha definito il libro di Granet «a suo modo un’opera di genio». Oggi Il pensiero cinese è universalmente ritenuto come un’opera classica: ma si tratta di un classico ancora in buona parte da scoprire, carico di suggerimenti, suggestioni e ipotesi sorprendenti.
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Per il cinese tutto l’universo è sacro, misterioso e in stretto apporto con la vita dell’uomo. Per il cinese tutto il mondo invisibile è in relazione all’ vita concreta. Per questo motivo quello che gli altri popoli esprimono con il termine”religione” i cinesi lo compendiano nella parola Tao, strada, via, cammino. Cioè “il modo di vivere” nel quale si trovano le risposte agli interrogativi umani, ossia tutto ciò che riguarda l’armonia dalla quale dipendono benessere e felicità. Il Tao è la via da percorrere in armonia con il cielo, con la natura, con gli altri uomini e con se stessi. Questa concezione è la base da cui ha avuto origine l’unica forma di pensiero indigeno cinese E’ il tao il principio che sta in sé e allo steso tempo produce il mondo e lo riempie, E’ il tao la realtà che sostiene tutto. Perfetto e immobile in sé, si manifesta e agisce nelle due forze principali primigenie che stanno alla base di tutto l’universo spirituale e materiale. Il principio yang, luminoso,attivo, potente,caldo,secco e il principio yin, oscuro, passivo,debole, freddo umido. Per l’azione del tao c’è un continuo moto dall’uno al duplice, dal duplice al molteplice dal molteplice al duplice e all’Uno. Né yang né yin possono stare l’uno senza l’altro. E’ questa evoluzione che muove e unisce in infiniti e nuovi modi i cinque elemento: fuoco, terra, acqua legno, metallo. Dotati di grande potenza questi elementi si combinano causando armonia e disarmonia. Per conoscere il mistero che regge l’universo e le leggi che procurano all’uomo il benessere o infelicità, i cinesi ricorrevano alla magia, alla divinazione e ai culti sacrificali per ringraziarsi le forze della natura. Scopo della vita umana vivere in armonia con tutte le realtà, terrene, naturali e celesti.
Recensioni
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scheda di Crisma, A. L'Indice del 2000, n. 09
(recensione pubblicata per l'edizione dell'anno 1971)
Che cosa dire di quest'opera imponente, la cui splendida prosa dischiudeva al lettore, in anni in cui la Cina appariva quanto mai remota, un'immagine così intensamente suggestiva del "sistema di assunti, concezioni e simboli che ne regolano la vita spirituale"? Oggi che la nostra conoscenza del pensiero cinese si è così ampliata, che gli strumenti filologici si sono così affinati e che nuove scoperte vengono a gettare nuova luce sulle intricate vicende della redazione degli antichi testi, il quadro che ne possediamo s'è fatto senz'altro assai più complesso e articolato di quello che era possibile delineare negli anni trenta, e dunque per vari aspetti l'indagine di Granet ci appare ovviamente datata; cionondimeno, tale possente, pionieristica sintesi ha indubbiamente offerto un contributo di grande portata, proponendo audacemente un confronto globale con il pensiero cinese nella sua fondamentale alterità rispetto alla tradizione speculativa dell'Occidente, individuandone il background in un sostrato di concezioni condivise ed evidenziandone magistralmente il legame con la carica simbolica e l'efficacia emblematica della scrittura. I critici di tale impostazione hanno avuto buon gioco a rimproverarle la tendenza alla generalizzazione eccessiva, la soppressione della dimensione storica in nome della ricerca di strutture perenni e atemporali, la cancellazione dell'individualità concreta dei testi e degli autori, la propensione, insomma, a edificare il mito di un'eterna Cina, in conformità con uno stereotipo antico, di hegeliana ascendenza. Si tratta di non ingiustificati rilievi, e purtuttavia nella prospettiva formulata da Granet si esprime un'istanza significativa della quale è utile ancor oggi tener conto. Nel confronto con il fondo istituzionale della tradizione cinese, la nostra tradizione filosofica può trovare occasione di riconsiderare i propri impliciti presupposti, e forse di riconoscere le proprie idiosincrasie indoeuropee. Così, nella perentoria asserzione su cui si apre il libro di Granet - "La Cina antica, più che una filosofia, ha avuto una saggezza" - si potrà ravvisare, certo, un enunciato discutibile, e discusso, ma anche la feconda provocazione a un dibattito oggi più che mai vivace e aperto, per il cui tramite si va forse configurando la possibilità di un diverso rapporto ermeneutico con altre modalità di pensiero.
A.C.
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