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Alla viglia della Prima Guerra Mondiale, dopo la caduta del governo Giolitti e la formazione di quello Salandra, scoppiarono un po' in tutt'Italia, grandi scioperi. Le agitazioni ebbero inizio dopo che la polizia, ad Ancona, al termine di una manifestazione antimilitarista, sparò contro la folla, uccidendo tre operai. Le proteste che si levarono contro quell'atto, ebbero in molte località carattere insurrezionale. Nelle Marche e in Romagna si registrarono gli scontri più violenti; i dimostranti attaccarono prefetture, municipi, preture, caserme di carabinieri e di soldati, interruppero le comunicazioni ferroviarie e instaurarono governi provvisori. Il clima e gli eventi che dal 7 al 14 giugno 1914 sconvolsero il nostro paese, sono in parte rievocati da Nerino Rossi ne "La pavona", in cui sono descritti e rivissuti le vicende che si verificarono in un piccolo villaggio della bassa romagnola ed aventi come protagonisti Celso, detto il Rosso, e Ines la sua donna, soprannominata la Pavona, una risaiola forte e coraggiosa. Scoccata la scintilla, i moti infiammarono in modo particolare "il triangolo più rivoluzionario della Romagna fra Mezzano, Conselice e Alfonsine" e dove dopo soltanto "ventiquattro ore da un sole a un sole, la rivoluzione aveva innalzato la sua bandiera". Amianti da voglia di riscatto sociale, con "il sogno di cambiare le regole del mondo", i contadini romagnoli, che fino a pochi giorni prima erano "abituati a correre per gli altri", senza esitazione e compatti, trascinati e guidati da Celso, "attraversarono pianure, scavalcarono argini, invasero villaggi", facendo così la loro parte in quella che fu chiamata la "settimana rossa". In quella "settimana che non sarebbe stata dimenticata facilmente", essi sperarono "di cambiare le cose per sempre", tentando di far trionfare i propri diritti e di dare al loro cupo destino di "ultimi", un barlume di luce. Accanto a Ines e Celso, l'autore porta in scena altri protagonisti, che rappresentavano le varie realtà presenti allora: i contadini accomu
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