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concordo solo in parte con la recensione di specchio, riportata da "l'indice". il testo - che ho letto recentemente - presenta errori ed arbitri. per limitarsi allo spazio di una nota, nella parte dedicata a kafka, si dice che la poesia "francoforte, settembre" è stata composta nel 1967 (p.179), all'epoca di una visita alla fiera del libro, quando invece, come risulta dal carteggio celaniano, è chiaramente datata 5/6 settembre 1965; sempre nello stesso luogo, una citazione spuria da kafka inficia l'argomentazione che associa i due autori in una vaga fratellanza nel dolore, nella malattia: il mirabile incipit della "metamorfosi" non recita di un "enorme insetto (kafer) immondo" (p.182), ma di uno "smisurato/senza misura parassita (ungeheuere ungeziefer)", che allunde allo spazio in cui si accampa la scrittura kafkiana. forzare i riferimenti è operazione ambigua, tale e quale all'affermare che l'operazione di celan è quella di trasformare il vissuto in poesia - cosa che renderebbe "qualunque" questa sua smisurata poesia, la cui lettura apre per lo più una via senza ritorno.
Recensioni
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Camera è riuscito in un'impresa non facile, quella di rendere perspicuo un argomento complesso qual è il rapporto tra esperienza religiosa e linguaggio poetico, e ciò, per di più, analizzando l'opera di uno dei poeti più ardui del nostro tempo, Paul Celan. Camera dispone di strumenti critici raffinati, risultanti da una felice miscelazione di ermeneutica filosofica e filologia stilistica, che gli permettono di attraversare la poesia celaniana riconducendola entro "lo spazio della trascendenza", senza nulla perdere del dato specifico di quella che fu una vicenda radicale e drammatica. La bibliografia esaminata da Camera è immensa, tutta vagliata di prima mano con rigore critico, diluita in agili note a pie' di pagina che si rivelano, una volta tanto, di piacevole lettura giacché l'autore riesce a integrarle con leggerezza dentro il testo, così che ne divengono un complemento, per così dire, fisiologico, senza mai interromperne il ductus. Ma il lavoro di Camera non è soltanto uno studio agguerrito e trasparente, è anche un testo vibrante e creativo come i libri di critica dovrebbero essere, è un dialogo appassionato con Celan e con le ragioni della sua poesia, con la poesia e con le ragioni della vita e della speranza senza le quali la letteratura è solo letteratura. Lo studioso non ha soltanto scavato nell'impervio linguaggio celaniano e nella complessità della sua strutturazione filologico-speculativa, ma ne ha rinvenuto, illuminandolo, lo spasimo sotterraneo, quello che il poeta occultò, dietro la fin troppo conclamata e spesso fraintesa oscurità, agli occhi indiscreti, se è vero che "come la prosa di Kafka anche la poesia di Celan è parola che nasce da una ferita profonda, è canto singhiozzante strappato al silenzio". E in questo percorso attraverso la parola e la negazione della parola il critico e il poeta sono divenuti compagni di viaggio, esploratori del meridiano "celeste e terrestre" oltre il quale esistono, forse, ancora canti "da cantare al di là degli uomini".
Mario Specchio
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