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La storiografia dei partiti politici e del loro insediamento nell'Italia repubblicana ha fatto grandi progressi negli ultimi dieci anni, ampliando i suoi orizzonti oltre la dimensione dei dibattiti nei gruppi dirigenti e calandosi in profondità in quella dei loro modelli di organizzazione, delle loro radici nella società, del vissuto e delle motivazioni dei militanti. Finora, però, a sperimentare questo rinnovamento erano stati soprattutto gli studi sul Pci e sulla Dc, mentre assai meno era stato scritto sul Psi, il quale pure è stato non solo un protagonista della vita politica italiana ma, al pari dei due partiti maggiori, un vero partito di massa.
Questa lacuna è ora colmata molto efficacemente dal libro di Paolo Mattera, che coniuga una scrittura nitida e felice con un approccio originale e innovativo, nutrito di una solida base di letture intelligentemente assimilate. Il primo merito di questo lavoro è la notevole capacità di maneggiare e padroneggiare un materiale enorme e multiforme: in primo luogo i dispersi archivi del partito, che nessuno aveva mai consultato con tanta sistematicità, ma anche la stampa di partito, le fonti istituzionali classiche come le relazioni prefettizie, le corrispondenze tra i dirigenti e le lettere dei militanti (soprattutto a Nenni); senza trascurare la documentazione degli archivi delle Federazioni del Pci, con le relazioni e le impressioni dei quadri comunisti sui "cugini" socialisti.
Fra i capitoli di maggiore interesse si segnala il secondo, con un'analisi approfondita delle strutture organizzative, della composizione sociale e della prosopografia degli organismi dirigenti, delle regole e forme del reclutamento, della questione cruciale dei finanziamenti. Ne esce uno spaccato rivelatore della presenza del Psi nella società italiana, diffusa e ramificata, ma al tempo stesso instabile.
L'anomalia rappresentata dal Partito socialista italiano - il solo tra i partiti europei dopo il 1947 a mantenere un rapporto privilegiato con i comunisti e fino al 1956 a schierarsi nella guerra fredda a fianco dell'Urss e delle democrazie popolari - è descritta da Mattera con ricchezza di dati e di particolari. L'autore sembra prendere le distanze dallo schema interpretativo, prevalso negli anni di Craxi, e sopravvissuto ben oltre la fine di quella stagione, che raffigura l'intero periodo tra il 1949 e il 1956 come un "lungo inverno" o una "lunga notte" del socialismo italiano. La sua ricostruzione degli anni della direzione organizzativa di Morandi, che segnarono una vera e propria rifondazione del partito, ne individua con equilibrio i meriti, ma anche le accentuazioni burocratiche, insistendo sulla centralità che venne a rivestire l'apparato di una nuove generazione di funzionari, e non trascurando - accanto alle motivazioni ideali che la animavano - i condizionamenti materiali, rappresentati da una dipendenza spesso anche economica dal Pci. Mattera guarda a questi aspetti - così come alla presenza del fenomeno della "doppia tessera", ridimensionato ma non negato - senza scandalizzati moralismi.
Forse, però, per spiegare fino in fondo come mai il partito allo sbando del 1948 riesca a risollevarsi da una crisi profonda, attestandosi comunque su un numero di iscritti superiore al mezzo milione, e impiantando sezioni in tutto il territorio nazionale, e per capire davvero le radici sociali e le motivazioni politiche di questo slancio, bisognerebbe insistere su radici storiche più lontane: da un lato la tradizione massimalista, dall'altro l'esperienza storica del fascismo, che rendeva i socialisti italiani particolarmente sospettosi nei confronti delle ricorrenti tentazioni autoritarie della classe dirigente italiana e quindi li indusse a lungo a fare dell'"unità di classe" l'alfa e l'omega della loro politica del partito.
Sarebbe anche interessante capire quali radici sociali la rifondazione morandiana del Psi abbia nell'Italia dei primi anni cinquanta, e soprattutto accertare, per quanto possibile, in che misura il partito di quadri "serio oltre che forte" auspicato dal vicesegretario si sia formato nelle lotte sociali di quel periodo, quali spinte specifiche della conflittualità sociale abbia intercettato, anche - inevitabilmente - in concorrenza con il Pci. Sono interrogativi che proprio l'ampia e approfondita analisi di Mattera rilancia all'attenzione degli storici del "partito inquieto".
Aldo Agosti
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