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"U dialettu è-ppatri e matri | E'-ffamigghja | E'-ppani friscu | è-vvesti pulita | è-bbannera chi nun ss'ammuccia" dice con convinzione Paola Fedele nella sua raccolta di poesie dialettali intitolata "Paroli di ventu". Assieme a Maria Costa, Andrea Genovese e Vittoria Gigante, ella, attualmente, è colei che meglio racconta la città di Messina, in dialetto "missinisi". Lo affermò, durante un suo intervento alla Facoltà di Scienze delle Comunicazioni, Giuseppe Cavarra, autore, fra l'altro, di un ampio studio sulla poesia dialettale messinese del Novecento, edito nel 1995 dall'editore Intilla. "Lettrice dell'anima autentica del popolo, coscienza critica di una società conformista" la definisce Anna Maria Crisafulli Sartori nella prefazione del libro. In questa raccolta di versi in dialetto la Fedele fa confluire le sue energiche visioni mnemoniche recuperando, con parole che affondano le radici più in là del quasi secolare terremoto (le parole ereditate dalla nonna che ella ancora coltiva con passione, consapevole che sono destinate ad essere spazzate via dalle folate dei venti), un insieme di figure umane marginali, spesso derise e perseguitate dalle monellerie dei piccoli. Vecchie sagome impresse nella memoria degli anziani ma anche dei giovani d'oggi, come quel personaggio che i messinesi hanno battezzato Tarzan perché in mezzo alla giungla delle macchine e dei rumori ne lancia il tipico urlo. (A-cchiccamina a-cchi si femma | si bbatti u pettu | e cumincia u latratu | -Uuaaaoouuuoooaaaa | Appoi ripigghia u caminu | e ssi peddi | menzu a-ll'autri | tutti i stissi).E la somma di tanti marginali contorni delle strade messinesi diventa un mosaico dentro il quale si intravedono pure, le sagome della più diffusa precaria normalità ( Aijatina,|ccu-ffilu e-ccu ùgghja|cucennu cucennu | criscisti li to figghja ).
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