Pur essendo ormai oltre mezzo secolo che si parla di terapia familiare, lo studio della famiglia e dei suoi processi evolutivi, le rivoluzionarie teorie sistemiche e le esperienze cliniche con famiglie e coppie in difficoltà, maturate in tutto il mondo (e non solo in quello occidentale), stentano ad essere pienamente riconosciute nell'establishment medico e psichiatrico e nel mondo accademico, dove ci si ostina ad insegnare prevalentemente psicologia e psicopatologia incentrata sull'individuo come entità staccata dai suoi legami familiari e sociali primari. Le parole di Ackerman, Minuchin e Whitaker dovrebbero aprire orecchie e cuore di tanti professionisti che ancora si arroccano sulla costruzione di protocolli diagnostici e terapeutici standardizzati, come se ci fossero due bambini uguali o con disturbi mentali o psicologici identici. In una società dove non si sa più quando si raggiunge una vera autonomia personale, fisica e psicologica, le parole di Williamson sulla differenziazione dalle proprie famiglie di origine sono di un'attualità assoluta. E poi ci sono i contributi italiani, a partire dalle parole vibranti della Palazzoli-Selvini e dei suoi collaboratori sulle giovani anoressiche, vera epidemia sociale dei nostri tempi, che rappresentano una solida guida per le nuove generazioni, nella misura in cui queste ultime non si accontentino di scuole e supervisori dietro l'angolo di casa o ricercati in modo burocratico su siti web.)
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