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Questa monografia, la più completa dedicata alle opere architettoniche di Paolo Portoghesi, è composta a più mani e introdotta da Christian Norberg-Schulz, scritta poco prima della sua morte prematura nel 1999. La profonda affinità culturale che legava Norberg-Schulz e Portoghesi fa sì che tra gli scritti del primo e le opere architettoniche del secondo (specialmente quelle del periodo 1960-1980) si sia creata una sorta di complementarietà, chiaramente esposta nella prima monografia sulle opere di Portoghesi e Gigliotti (Alla ricerca della architettura perduta, Roma 1975) e prima ancora nel libro Esistenza Spazio e Architettura. Il secondo testo è della moglie Giovanna Massobrio preziosa collaboratrice e coautrice di una serie di volumi sulla storia del gusto nel Novecento che nel capitolo "Architettura come vita" descrive a tutto tondo la sua personalità poliedrica e la sua passione per l'architettura intesa come missione e ragione di vita. Stefania Tuzi, poi, ricostruisce in quattro capitoli l'itinerario culturale di Portoghesi nei diversi periodi della sua vita. Una serie di schede, scritte da Maria Ercadi, illustra parallelamente l'attività storica, critica e progettuale.
La bibliografia ragionata comprende, tra l'altro, gli interventi più significativi al dibattito durato vent'anni sulla Moschea di Roma, una delle opere dell'architettura italiana del Novecento che più hanno diviso l'opinione pubblica prima che ne venisse riconosciuta l'importanza storica e la qualità estetica. Figura anomala che unisce al talento dello storico e del critico quello dell'architetto creatore, Paolo Portoghesi si è scontrato con molti dei protagonisti della cultura architettonica italiana, da Zevi a Benevolo, a Tafuri, sostenendo la necessità di ridare spazio alla tradizione intesa come stimolo all'innovazione nella continuità.
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