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Da quando, nel 1626, papa Urbano VIII vi soggiornò per primo, la residenza estiva dei pontefici ha sede a Castel Gandolfo. Nelle frequenti trasformazioni che fino a oggi il palazzo ha subito, mancava una ricostruzione che restituisse l'aspetto di questa abitazione all'epoca di Benedetto XIV, pontefice dotto amico dei dotti (come lo definì Montesquieu), promotore del Museo Cristiano in Vaticano, della Pinacoteca capitolina e dell'Accademia del nudo, della Calcografia camerale, come di un'ampia politica di restauro nelle chiese della capitale. L'occasione conduce l'autrice, con una capillare ricerca d'archivio, a indagare con finezza il gusto personale di papa Lambertini e interpretarlo alla luce di nuovi dati sulla sua vita privata.
Il Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, ristrutturato da Ferdinando Fuga negli stessi anni in cui progettava il Coffee House del Quirinale, torna così nella ricostruzione della decorazione pittorica e dell'arredamento al suo aspetto pienamente settecentesco, oggi definitivamente perduto. L'autrice rintraccia una schiera di scalpellini, doratori, falegnami, intagliatori, restauratori di quadri e una corniciaia che furono incaricati di completare l'arredo delle sale, qui rilette in un contesto estremamente coerente, rese con viva precisione e un'eccellente documentazione fotografica. Gli ambienti sono restituiti con filologica cura ai dettagli, compresa la colorazione delle pareti, inizialmente concepita verde o celeste perfino nella Sala del Concistoro, ma presto cancellata dal più formale rosso cremisi obbligatorio negli ambienti destinati al pontefice.
Di grande interesse è la ricostruzione della Galleria delle Dame cinesi, poi trasformata in salottino privato, arredata seguendo la passione del papa per la moda orientale e decorata da ventidue dipinti su carta. Apposite indagini del Laboratorio diagnostico dei Musei Vaticani ne hanno stabilito la provenienza dall'Oriente e l'autrice ipotizza possano essere arrivati come dono di qualche missionario o acquistati sul mercato romano da un importatore specializzato. Precise notizie sono rintracciate su Pier Leone Ghezzi, già pittore dei Sacri palazzi apostolici, unito a Castel Gandolfo con Giacomo Marini in una ditta incaricata di restaurare i dipinti e decorare la Cappella segreta, la Galleria di Alessandro VII e la Sala Cinese.
L'autrice ricostruisce infine l'intera collezione di quadri, selezionati appositamente dalle Florerie del Vaticano e dal Quirinale o giunti dall'eredità del cardinale Carpegna e fatti restaurare per l'occasione. Se oggi molti dei dipinti sono nella Pinacoteca Vaticana, nel palazzo di Castel Gandolfo erano disposti tematicamente: gli ambienti privati, più liberamente in accordo con il gusto personale di Benedetto XIV, accoglievano vedute, marine, scene di caccia, arazzi e ceramiche, mentre nelle sale di rappresentanza si ammiravano, tra gli altri, il ritratto firmato da Giuseppe Maria Crespi e nove grandi tele di canonizzazione. Rigore nell'indagine d'archivio e raffinatezza nell'analisi permettono dunque di cogliere a pieno la ricchezza di questa dimora settecentesca, ma soprattutto di penetrare nel gusto raffinato e articolato di papa Lambertini.
Chiara Piva
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