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“Ourika” racchiude la disperazione che nasce dal desiderare un amore totalizzante che viene negato, il dolore e la sofferenza del diverso così considerato da una società che si nutre di pregiudizi irrazionali che, proprio perché tali, la ragione non riesce a demolire. Un libro che raccoglie due perle: il lucido, raffinato ed elegante romanzo di Madame de Duras e l’appassionata postfazione di Benedetta Craveri; due gioielli capaci di brillare di luce propria ma che, unendosi, intensificano il loro splendore.
Bello, intenso, delicato e commovente è il racconto e la storia della sua autrice. Ourika non è soltanto lo specchio di una società che, nonostante abbia combattuto ed acclamato valori come l'uguaglianza, la libertà e la fratellanza, è una società che emargina ed isola ancora, respinge e schiaccia sempre e rende invisibile chi ha solo un colore di pelle differente. No, Ourika non è solo questo. Con un'incredibile modernità, nel piccolo e brevissimo racconto c'è tutta la disperazione di chi non ha e non potrà avere l'amore di chi ama: "avevo bisogno di ciò che amavo, non immaginavo che chi amavo potesse non aver bisogno di me"... e il dolore di chi è diverso, di chi è e si sente solo: "ci sono esseri da cui si è separati, come nelle fiabe, da muri di cristallo. Ci si vede, ci si parla, ci si avvicina, ma non ci può toccare". Madame Claire Duras de Kersaint fu appassionata e romantica d'indole e disillusa ed infelice nella vita e, forse, è proprio in questa unione di vita e di natura che sta la chiave di lettura della storia e il fascino dell'opera che non ha tempo.
Cosa direbbe, oggi, Goethe, della sofferenza di donne e uomini desolatamente discriminati per questioni di pelle o di culture diverse tra loro (oggi si sa che esiste esclusivamente la razza umana, tra gli umani)se leggere Ourika l'aveva tanto commosso? Il racconto di Ourica di M. de Duras è fresco e appassionato, raffinato e perfetto. E non meno affascinante è la postfazione di Benedetta Craveri, una narrazione anch'essa, preziosa e coinvolgente, capace di avvincere il lettore anche sul piano letterario. Posso solo augurarmi che "Edouard" e "Olivier", gli altri due racconti di M. de Duras a suo tempo tradotti in italiano, possano essere rieditati da Adelphi,(speriamo) con la stessa sapienza di questo bellissimo "Ourika".
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