Angelo Floramo ha la capacità di portare il lettore dentro un nomadismo matto, autoironico, riflessivo che mescola storia, memoria, società, geografia. Un libro in cui la viandanza diventa l'unico modo di approcciarsi alla vita e al prossimo che si incontra lungo la strada. L'osteria diventa metafora della sosta, della lentezza, dell'incrocio con gli altri, e proprio dentro le locande di questo nord est allargato, privo di confini amministrativi, si mescolano lingue, usi, fantasmi. "C'è sempre un'osteria sul ciglio dei nostri sentieri. È lì che si riposano le storie, fra le braci del camino e le travi del soffitto. Vi transita un'umanità colorata, zingara, che conosce la polvere delle strade, il freddo delle brume, il sorriso saporoso del vino. Prima o poi ci finiscono tutti i nostri passi perduti." Nuova edizione ampliata e corretta con un lungo racconto inedito. )
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