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In questa raccolta sono contenuti tre saggi che hanno in comune l’esame di altrettanti aspetti della retrovia ideologica della crociata: la cultura delle armi cavalleresche, la terza crociata nel poema di Enrico da Settimello e il confronto fra due figure di milites Christi ritenute dagli stessi contemporanei esemplari o discutibili, secondo i vari osservatori. Nel primo testo si esamina la Chanson d’Aspremont come rappresentazione della cultura materiale, in particolare quella delle armi difensive: la ricerca si concentra sul valore anche morale della loro fattura, mirando a evidenziare la manipolazione delle esperienze dirette delle armi degli “infedeli” allo scopo di criticare la loro presunta ferinità, anche attraverso un’inventata o almeno accentuata inferiorità tecnologica. Il testo dedicato a Enrico da Settimello indaga su un’opera che, per quanto destinata a rimanere sospesa fra esercitazione di erudizione classica e insegnamento filosofico, merita un esame anche come interpretazione morale della terza crociata appena conclusa: tutti i riferimenti all’impresa sono infatti riconducibili a una dimostrazione del tema conduttore del poema (la caducità di ogni umana grandezza), il quale trova nella crociata medesima l’attuazione dei principî imprevedibili e incontrollabili che guidano le azioni umane, talvolta in contrasto con l’ordinaria attribuzione alla volontà divina. Chiude la raccolta l’esame comparato di due personaggi della storia dell’Oriente latino, Rinaldo di Châtillon e Gualtiero IV di Brienne, uniti non solo da una tenue consanguineità ma anche dalla responsabilità di azioni clamorose quanto discutibili agli occhi dei propri stessi contemporanei. L’intento di accreditarsi in un’aristocrazia d’Oltremare che non ne accettò mai del tutto la cooptazione, insieme a gravi errori tattici, costituì un ostacolo dimostratosi infine insuperabile per il tentativo propagandistico di presentarli come martiri della fede.
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