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"L'ora muta" di Simone Cerlini (Alter Ego Edizioni) è un romanzo che si presta a diverse chiavi di lettura. Certamente incentrato sul tema del lavoro e del capitalismo industriale, presta il fianco, però, a quello delle relazioni, in particolar modo al rapporto padre-figlia. I protagonisti, Camilla e Giorgio, ci vengono raccontati in molti piani temporali grazie a fotografie lucide che ce li mostrano di volta in volta impegnati in ruoli diversi. Forse è questa la cosa che mi ha colpito di più: la tenerezza che l'autore è riuscito a muovermi dentro, mostrandomi la crescita personale di queste due persone, che ho imparato a comprendere nelle loro fragilità e nei loro difetti. Credo sia anche un romanzo che, in qualche modo, ci parla della menzogna, sia attraverso gli illeciti aziendali, sia attraverso le ombre che le persone a cui teniamo, inevitabilmente, ci nascondono. Simone Cerlini, con un linguaggio ricercato e pieno di immagini vivide, sicuramente mai banale, costruisce un romanzo ben strutturato e con una forte personalità.
Letto in un soffio, piaciuto molto. È un racconto della realtà che sa di vissuto. I personaggi sono legati da più fili che li incastrano in relazioni profonde (Giorgio e Camilla, Camilla e Luisa, Moira e Giorgio ecc.). Per questo i passaggi in cui vengono descritti i sentimenti sono particolarmente vivi e parlano di maturità, di disincanto, ma anche di responsabilità e di vicinanza. Di sicuro l'autore è particolarmente attendo nell'osservare e descrivere le donne, nel lavoro e nei sentimenti. Sembra ne abbia studiate un tot! Soprattutto il bisogno di amare e la solitudine nella maturità, ma anche la forza nell'affrontare le prove della vita. Il ritmo è coinvolgente ed arrivati alla fine si ha la sensazione di aver assistito alla rappresentazione di un pezzo della storia produttiva del nostro paese attraverso l'esperienza di chi ne ha fatto parte (nel bene e nel male).
Un libro sul lavoro prima di tutto, su gente che lavora. Scrivere del capitalismo industriale oggi ha la stessa funzione etica che ebbe Chiave a Stella a fine anni Settanta. Sono diverse le anime del capitalismo qui raccontate; un racconto di individualità che si intrecciano nei luoghi in cui il capitale decide i destini di famiglie e intere comunità. E si ha l'impressione che le destinazioni di ognuno siano il risultato di una partita a scacchi, condotta sapientemente e disperatamente alla stesso tempo. Ecco perché a metà del romanzo vediamo-leggiamo alcune scene cruciali come stessimo a teatro. Una rappresentazione studiata è quella che muove le vite coinvolte nelle logiche del capitalismo. Difficile capire di chi sia la responsabilità della regia
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