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L' opera italiana in Francia nel Settecento. Il viaggio di un'idea di teatro - Andrea Fabiano,Michel Noiray - copertina
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Descrizione


"I Francesi non possono sapere cosa può produrre a teatro 'Artaserse' più di quanto gli Italiani siano in grado di sentire l'effetto di 'Armide'": così scrive nel 1740 Charles de Brosses, riassumendo la radicale alterità rappresentata dall'opera italiana rispetto a quella francese, tanto dal punto di vista estetico quanto da quello della produzione e della ricezione. Da una parte, in Francia, un sistema di valori che comprende l'equilibrio tra parola e musica, il rispetto delle regole classiciste e un forte controllo organizzativo; dall'altra, in Italia, il gusto per la melodia e il virtuosismo, la rottura drammatica tra recitativo e aria, la vivacità del sistema impresariale. Per queste ragioni è stato possibile che solo un paio d'intermezzi siano stati rappresentati a Parigi nella loro lingua originale fra l'"Ercole amante" di Cavalli (1662) e "La serva padrona" di Pergolesi (1752), e che nessuna opera seria sia stata cantata addirittura fino al 1804, quando tutto il resto d'Europa aveva ormai consacrato all'opera italiana un ruolo centrale. Un dato così schiacciante non deve tuttavia far velo a una vibrazione sotterranea che agisce proprio nel cuore della creatività musicale francese del Settecento: l'indagine di Noiray e Fabiano ne ritraccia lo sviluppo, dimostrando che oltre le fratture della storia, oltre ogni querelle o pamphlet, esiste una continuità segreta sottesa all'intero secolo.
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Dettagli

EDT
2013
4 luglio 2013
XI-118 p., Brossura
9788859202875

Voce della critica

  I due testi, le diverse prospettive da cui muovono, i rispettivi temi d'indagine offrono una testimonianza quanto mai efficace di come e quanto i filoni di ricerca incentrati sul teatro musicale del XVIII secolo siano a tutt'oggi vivi, ricchi di sfaccettature inaspettate e talora sorprendenti. Come il caso delle vicende che accompagnano l'esportazione dell'opera italiana in Francia: la storiografia musicale ne presenta in genere un quadro all'apparenza semplice, in realtà semplicistico, riducibile a una manciata di eventi isolati: l'allestimento di La serva padrona presso l'Académie Royale de Musique, il conseguente scoppio della querelle des bouffons, la presa di posizione di Rousseau e degli enciclopedisti, la reazione di Rameau; e poco altro. Eppure, questi non costituiscono che gli episodi di maggior risonanza all'interno di un fenomeno articolato, dallo sviluppo cronologico e dall'impatto storico ben più significativi. Un fenomeno della cui complessità L'opera italiana in Francia nel Settecento di Andrea Fabiano e Michel Noiray riesce a rendere pienamente giustizia. Gli autori muovono da una mole di dati imponente, schierando una tale quantità di personaggi, eventi e date da risultare, sulle prime, un po' spiazzante; ma ci si ambienta in fretta, poiché la trattazione è condotta con un linguaggio piano, rigoroso e al tempo stesso spigliato, e si dipana con chiarezza e vivacità, per individuare al suo interno una fitta rete di connessioni, rapporti causali, relazioni dirette e indirette, dalla quale ricavano con mano sicura le direttive lungo cui procedono il pensiero, gli orientamenti sociali, culturali e istituzionali, le tendenze estetiche che via via s'affacciano e si susseguono nel corso del secolo. Applicando tale prospettiva, ridimensionano la portata dei singoli avvenimenti (ancora la querelle des bouffons), dei grandi dibattiti e i suoi protagonisti per portare sulla scena le figure, più oscure ma determinanti, di impresari scaltri e spregiudicati; il succedersi delle mode, e i tentativi di librettisti e compositori (anche i più insospettabili: Gluck) di adeguarvisi, sfruttarle, se possibile anticiparle; e la funzione di primo piano svolta da un pubblico tutt'altro che passivo, capace, incarnando lo spirito dei tempi, di determinare con le proprie aspettative e le proprie esigenze l'insorgere, il succedersi, l'estinguersi delle correnti e degli stili. Per ironia della sorte, col suo oggetto di studio il testo pare condividere una genesi dagli sviluppi intricati: in un primo tempo concepito all'interno della Storia dell'opera italiana curata da Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli per EDT, è stato in seguito rielaborato nella forma di volume indipendente in cui si presenta, ora, pubblicato dalla stessa casa editrice, nella sua veste definitiva. Della destinazione originaria mantiene l'impianto specialistico: dai suoi lettori presume una buona familiarità con la storia della musica, i suoi protagonisti e i suoi snodi fondamentali, e una discreta competenza tecnica. Su un piano più generale si situa, invece, il testo di Piero Mioli, che arricchisce di un nuovo, importante tassello l'ampio e ambizioso progetto della Storia del teatro d'opera occidentale pubblicato dalla casa editrice L'Epos. Dopo un primo contributo di Quirino Principe incentrato su Il teatro d'opera tedesco degli anni compresi tra il 1830 e il 1918 e quelli dello stesso Mioli, dedicati a Il teatro d'opera italiano e, specificamente, a Il Seicento e Il Novecento, con quest'ultimo volume la trattazione approda anche a Il Settecento. L'idea fondamentale sottesa all'impostazione del libro consiste nell'aggiornare l'impianto classico dei monumenta ottocenteschi alla luce della molteplicità di orientamenti che informa la cultura contemporanea, in risposta alla duplice esigenza di rinnovare l'uno e risolvere la frammentarietà, la fragilità postmoderna dell'altra. Il frutto di tale sintesi non si configura dunque (né potrebbe configurarsi) come un tradizionale manuale di storia della musica o di estetica musicale, ma una riflessione sugli sviluppi di entrambe, e della loro recezione, nel corso del tempo; del nostro tempo. Il punto di partenza è infatti la prospettiva contemporanea: l'analisi delle figure, delle opere, dei temi si appoggia alla storia della loro interpretazione, rendendo conto delle letture e degli approcci che hanno via via informato gli allestimenti e le incisioni. Il punto di partenza è, infatti, la prospettiva contemporanea: l'analisi delle figure, delle opere, dei temi si appoggia alla storia della loro interpretazione, rendendo conto delle letture e degli approcci che hanno via via informato gli allestimenti e le incisioni. Senza preconcetti: attento alle acquisizioni della filologia musicale e del recupero delle prassi esecutive storicamente informate, al momento di valutare un'esecuzione, una lettura, l'autore mostra tuttavia di attribuire minor peso alla pertinenza stilistica che all'adesione al portato ideale ed espressivo del dramma musicale di volta in volta considerato Il libro si rivolge a lettori che intrattengano già una certa confidenza con la materia e i suoi protagonisti. Attraverso una scrittura di preziosa eleganza, animata e stimolante, nutrita di passione palpabile e ironia affilata, così come del gusto per la citazione raffinata e l'allusione colta, si delinea una personalità critica dalle idee interpretative forti e lucidamente determinate, capace di scelte nette ed esclusioni senza appello.     Luca Rossetto Casel      

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