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In che cosa “consiste” propriamente un’opera d’arte? E in quali modi essa può “trascendere” i limiti del suo stesso consistere oggettuale? E come eventualmente varia tale consistere e il suo “manifestarsi” a seconda che si tratti della Gioconda (oggetto “materiale” unico), del Pensatore di Rodin (scultura bronzea prodotta in più esemplari teoricamente “identici e intercambiabili”), di una performance jazzistica alla Charlie Parker (atto irripetibile), della Certosa di Parma di Stendhal (oggetto “ideale”), della Scultura invisibile di Oldenburg (operazione “concettuale”), e così di seguito.
Attraverso una straordinaria serie di analisi ed esemplificazioni condotte con lucidità teorica e rigore tassonomico, Genette
prospetta una duplicità di fondo che caratterizza i “modi di esistenza” delle opere d’arte, ovvero la loro Immanenza (ciò in cui
“consistono”, appunto) e la loro Trascendenza (ciò che in qualunque forma “travalica” tale consistere per aprirsi, infine,
alla funzione “operale” delle opere stesse, ossia al loro agire). A sua volta il “modo d’immanenza” si presenta articolato in due
regimi alternativi, il regime autobiografico (tipico di un oggetto materiale come la Gioconda) o il regime allografico (tipico di un
oggetto ideale come la Certosa) – la terminologia qui è mediata da Nelson Goodman con il quale Genette instaura un confronto
serratissimo. Il “modo di trascendenza”, invece, introduce già ai contenuti trattati nel secondo dei due volumi di cui si costituisce
la presente Opera dell’Arte genettiana (sottotitolato, significativamente, La relazione estetica, Clueb 1998).
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