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Già dal titolo di questa raccolta possiamo intuire quanto temi e toni inscritti nel registro dell’autore siano sospesi in un’atmosfera di non-luminosità, non-trasparenza e probabilmente anche di non-appartenenza a una realtà vissuta come costrittiva e non condivisibile. È un tratto comune a chi, nato intorno agli anni ’80, scrive versi con una sorta di estraneità alla corrente precipitosa degli avvenimenti, quasi incapace di adeguarsi ad essi e di giustificarli. Un distacco che si vela, appunto, di ombra e di rassegnata rinuncia. La riflessione sul sé, e la consapevolezza della propria acuta sensibilità, rende questi poeti umili e insieme fieri del loro dissenso, che non arriva mai però a essere ribellione o aperto contrasto. Le sezioni del libro dichiarano esplicitamente questa sospensione di contatto con il mondo già nel loro nominarsi: “Dove nulla succede, Gente che passa, Il punto della croce, Così in pace”, tra le altre. E diverse composizioni riprendono nei titoli una terminologia di sofferenza e alienazione: “agonia, silenzio, confine, ibernazioni, memoria, pace”. Trovare uno spiraglio di luce si può e si deve, e il poeta sembra cercarlo nel viaggio, nella dislocazione mentale e fisica in un altrove che offra orizzonti liberatori attraverso cui fuggire, salvandosi: Berlino, Varsavia, Praga, Siena, Finisterre, o nella metafora più suggestiva del libro, il passaggio alpino della Flüela, «dentro il buio dei monti», che indica un transito migratorio, abbandono del passato ma anche traguardo verso il futuro, rito iniziatico da superare per sopravvivere. Montorfani, ticinese, è nato e vissuto in zona di confine, crocevia di culture e lingue differenti, che dalla pianura di Lugano si alza verso le Alpi svizzere e attraverso di esse ci si apre al continente. Ma la sua Europa diventa simbolo di un’unione fittizia che non è in grado di saldare né la sua storia (dalle grotte di Lascaux a re Artù alle tragiche migrazioni mediterranee), né i suoi territori.
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