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Anno edizione: 2021
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«Gerarchie solidamente stabilite in ogni ambito dell'esistenza non permettono a nessuno, se non in apparenza, di toccare chi sta più in alto, di calare verso chi sta più in basso. Si annidano ovunque nella coscienza degli uomini e determinano il loro comportamento verso gli altri» – Elias Canetti
Fatichiamo a rendercene conto, ma quando parliamo di "ascensore sociale" che premi i più "capaci e meritevoli", quando evochiamo il "paracadute sociale" per i perdenti nella "gara" della vita, o alludiamo a scalate e arrampicatori, utilizziamo metafore spaziali le cui origini sono antichissime. Così, chi detiene il potere e sta "sopra" viene sistematicamente definito "superiore", mentre chi lo subisce, stando "sotto", è "inferiore" o "subalterno". In sostanza, la metafora spaziale verticale è divenuta la principale forma espressiva del principio di gerarchia che, così, sembra far parte dei processi cognitivi dell'essere umano. Tutto questo ha importanti ripercussioni sulle democrazie liberali. È proprio un processo di polarizzazione che sta mettendo in pericolo il patto sociale che ha retto gli Stati occidentali negli ultimi decenni. Il contributo riequilibratore del diritto è decisivo, in particolare quello che può dare il costituzionalismo sociale del secondo dopoguerra se spogliato di ogni patina gerarchica e valorizzato nella sua dimensione culturale. Perché, anche se a volte lo dimentichiamo, questo è il fine del diritto: contrapporsi alla forza, al privilegio, all'ingiustizia.
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