Ogigia
di Ubaldo Bitossi, Laura Morchio
«C'è qualcosa di nuovo sull'isola di Ogigia, qualcosa che prende vita nel momento in cui s'arresta il racconto omerico: la speranza di Calipso di veder tornare Ulisse. Una speranza tormentata, negata e poi recuperata nella visione di una vela lontana: bianco miraggio, sogno inconfessabile che la consapevolezza annega nel mare dell'immortalità. Calipso ama, si strugge, maledice, e non sa che Ulisse vive il suo stesso tormento, e quando, ormai vecchio torna, Calipso stenta a riconoscerlo. Su di lei, il tempo non ha potere, la natura divina le fa scudo, e non c'è scintilla nello sguardo opaco del vecchio che muto si dispone a "far l'amore coi suoi occhi". Il vento agita il velo rosso di Calipso in cima alla scogliera: ultima immagine di una passione che li ha consumati entrambi. Davanti a lui c'è il mare, e il gorgo fatale a compimento del suo destino. Lei resta lì, eternamente bella, eternamente giovane, eternamente sola. Condannata all'immortalità su un'isola in cui la speranza dell'amore salvezza e rifugio dell'anima, come un presagio, ondeggia nella fioritura dei più lontani papaveri rossi.» Gianna Botti.)
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