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Anno edizione: 2022
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L’oceano oltre la rete non è un romanzo che parla di calcio, Ettore Zanca è riuscito a creare un intreccio meraviglioso che pone il calcio come uno scenario dove la vita si intreccia con la rivincita del più debole attraverso un goal. Ma è bel altro, un percorso di vite difficili, quasi alla deriva, dove l’amore e le donne riescono ad essere l’ago della bilancia, riescono queste donne mosse dall’amore a recuperare vite che sembravano perdute. I personaggi escono fuori dal libro, sono meravigliosi, forti, ben delineati e tutti in qualche maniera compiono il viaggio dell’eroe. Tutti devono lasciare il loro mondo per entrare in un mondo straordinario e combattere per uscirne indenni. Una storia forte, bellissima, di rinascita, di appartenenza. Tu puoi decidere di lasciare l’isola ma l’isola non lascia mai te. David, confesso che l’ho amato profondamente, è ben lontano dall’essere un uomo perfetto, ma ha una nota caratteristica: cammina sempre a schiena dritta. La sua dignità è quasi commovente, la sua onestà, il senso del dovere e la caparbietà di portare a termine l’impresa impossibile a cui è stato chiamato. Del resto, lui è il capitano della squadra, come lo è stato nella sua squadra di sempre. David è un allenatore in campo, è un vero leader, il calcio per lui è emozione, non potrebbe vivere lontano da quel rettangolo verde… infatti vive quasi con terrore il momento in cui tutto finirà e dovrà a 38 anni rifarsi una vita. Un romanzo meraviglioso, uno dei pochi che mi hanno fatto incazzare per una scelta dell’autore, di cui ovviamente non parlerò sarebbe spoilerare il cliffhanger che Ettore ha creato meravigliosamente, che mi ha commosso, si lo ammetto nelle ultime pagine ho versato qualche lacrimuccia. Ma soprattutto è un romanzo che è riuscito a trasferire al lettore l’emozione della vita, l’emozione che solo il calcio sa dare, quel goal che cambia le carte in tavola, sono una metafora della vita: anche chi apparentemente è più debole può vincere.come lui…
“L’Oceano oltre la rete” sarebbe un "romanzo ambientato nel mondo del calcio”, come si potrebbe sintetizzare e come lascerebbe supporre anche la (bella) copertina. Perché i principali protagonisti fanno quello, i calciatori. E perché al centro della narrazione ci sono un’isola - San Vignan - e la sua squadra di calcio, una sorta di Athletic Bilbao, composta da soli giocatori nati nell’isola più uno “straniero”. La storia, in sé, è abbastanza lineare: ci sono personaggi molto “netti”, che si fanno voler "bene-bene" o "male-male" (e che, anzi, fanno a loro stessi del "bene-bene" o del "male-male"). Poi ci sono anche vari altri elementi che farebbero dire “ah, il gioco del calcio, la metafora perfetta della vita”: il procuratore, la giornalista, l’allenatore, la tifoseria, persino i massaggiatori e il medico sociale. Eppure questo non è un romanzo sul calcio, perché, invece, parla di amore, in tutte le sue complicate e mille forme (per un partner, per un gioco, per la famiglia, per un luogo, per un dolore - sì, anche il dolore ci parla d’amore, a volte - per una manciata di valori). Parla del fatto che davanti alla vita, davanti ai fatti della vita - straordinari o devastanti che questi siano - puoi starci con gli occhi puliti di David Rojo, uno dei protagonisti, oppure piegarti, rotolarti nelle bassezze più infime, finire in mezzo al tuo vomito (nel vero e proprio senso della parola, come capita a un altro personaggio) e, ugualmente, avere una nuova possibilità perché qualcuno migliore di noi ce ne offre l’occasione. Cioè: nessuno è mai condannato in via definitiva. La vita è quasi sempre un crocevia misericordioso e non c’è abietto che non possa trovare un riscatto. Tramite l’amore. Tramite l’umiltà. Tramite l’esempio. Questo è dunque un romanzo di "formazione all’amore", dove un’isola diventa un mondo in cui l’amore, parafrasando un proverbio cinese, è quel luogo che puoi scoprire solo allontanandoti dal centro della lampada (o dei riflettori, nel nostro caso).
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