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Il presente volume, costruito sulla base di una serie di articoli pubblicati originariamente in rete, propone un bilancio del "nuovo corso" statunitense, con una prospettiva analitica che intende privilegiare il piano delle dinamiche economiche, quello delle relazioni internazionali e i nessi tra i due. Il punto di partenza è rappresentato dalla retorica obamiana del change: l'oscillazione tra la "carica radicale" di quel messaggio, per indicare una exit strategy dalla crisi economico-politica globale, e la sua "liquidazione come mero slogan" costituisce il filo rosso che percorre l'intero lavoro. Significative, da questo punto di vista, le battaglie condotte dall'amministrazione democratica per la riforma della finanza e per quella della sanità, che, se da un lato hanno rappresentato motivi di scontro con i "poteri forti" del paese, dall'altro sembrano essere approdate soprattutto alla creazione di nuove agenzie pubbliche e a una "giostra di authorities". Vi è poi la politica estera: in realtà l'establishment militare, dopo anni di ingerenze da parte dei neoconservatori, è potuto in un certo senso tornare in sella, e l'amministrazione Obama ha finito così con il porsi sostanzialmente in continuità con le linee guida della politica estera americana post '89. Rimane però il grande problema dei rapporti con la Cina, chiamata a partecipare al salvataggio della controparte in cambio di concessioni più o meno rilevanti sul piano dei futuri equilibri di potere. L'autore ritiene sia comunque presto per poter parlare di un nuovo ordine mondiale bipolare: a suo avviso l'asse Washington-Pechino è probabilmente destinato a un futuro ancora più fluido e "a ripetuti alti e bassi piuttosto che a fare da base per un nuovo ordine in cui i due poli si disciplinerebbero a vicenda". Giovanni Borgognone
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