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A più di trent'anni di distanza dall'entrata in uso del termine "Nuova Hollywood", lo studioso inglese Geoff King prova a riesaminare le varie accezioni che a esso sono state attribuite. La suddetta etichetta è stata infatti assegnata a momenti diversi e aspetti contraddittori del cinema americano dalla metà degli anni sessanta in poi. A questo proposito, King si chiede molto pragmaticamente se per Nuova Hollywood si debba intendere il cinema "d'arte" della cosiddetta Hollywood Renaissance oppure lo spettacolare successo di botteghino programmato a tavolino dall'industria cinematografica contemporanea secondo criteri di puro marketing. L'arte dei giovani talenti che sul finire dei sessanta riportarono linfa vitale a una produzione in crisi da almeno un decennio (da Scorsese a Spielberg, da Coppola a Lucas, tanto per intenderci), oppure i film di intrattenimento di massa dove le esigenze di libera espressione dei singoli autori si contemperavano con le ineludibili esigenze di cassetta? Probabilmente entrambe le cose, a sottolineare come il cinema hollywoodiano incarni specificamente quel compromesso tra arte e intrattenimento che ha segnato le sue stagioni migliori, e in particolare quella del cosiddetto "cinema americano classico".
Tutte le possibili deviazioni da quest'ultimo modello sono perlustrate nel lavoro di Geoff King, che procede nella definizione di un termine chiave per comprendere la reale portata della cosiddetta Nuova Hollywood, vale a dire il concetto di "stile postclassico". King spiega che "alcuni film della Hollywood Renaissance si caratterizzano, almeno in parte, per la rottura del sistema di montaggio continuo della Hollywood classica, rottura in gran parte ispirata alla Nouvelle Vague francese della fine degli anni Cinquanta e inizio anni Sessanta. Altri scardinano anche gli aspetti della narrazione classica come la chiara motivazione del comportamento dell'eroe. Un'altra serie di deviazioni dallo stile classico è stato individuato, più recentemente, come risultato dello sviluppo del modello attuale del corporate blockbuster e della crescente importanza di video e reti televisive per lo sviluppo di Hollywood". Laddove con corporate blockbuster si intende quel tipo di film spettacolare prodotto da una delle grandi corporations di Hollywood, realizzato e pubblicizzato con enorme dispendio di denaro.
Esaminando in modo chiaro e vivace la produzione hollywoodiana secondo tre prospettive (lo stile filmico, le strategie industriali e il contesto storico-sociale), King realizza un'analisi puntuale di alcuni film esemplari, da Taxi Driver a Lo squalo , da Easy Rider a Guerre stellari , passando per i più recenti Il gladiatore e Three Kings , individuando in ciascuno di essi quelle che possono essere considerate delle deviazioni dallo stile cosiddetto "classico". Nella sua lettura in filigrana l'autore decifra i fattori industriali che hanno ispirato e trasformato le filosofia delle majors , sottolineandone il ruolo determinante nella creazione di nuovi stili. Al contrario di una modalità di lettura che tende a considerare questi ultimi come il semplice prodotto di mutamenti nel contesto sociale o come espressioni di autorialità. In tal senso, King ricostruisce le strategie di progettazione e di vendita dei blockbusters , a partire dalla funzione delle star fino alla contaminazione fra diversi generi narrativi e al rapporto con i prodotti realizzati per la televisione (individuando, a tal proposito, un vero e proprio "stile mtv" applicato al lungometraggio di oggi). La sua convinzione è quella secondo cui soltanto intrecciando tali diversi livelli interpretativi è possibile cogliere e distinguere sia gli elementi di trasformazione sia quelli di continuità in una cinematografia che domina tuttora il mercato mondiale.
Umberto Mosca
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