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Lo sguardo del professor Giovanni Sale sul Novecento si apre qui ad una valutazione complessiva del Novecento attraverso i suoi drammi. A partire dal genocidio degli armeni, "primo genocidio del XX secolo" (Giovanni Paolo II), fino alla Shoah e altri terribili drammi dello scorso secolo, con preziose informazioni sulla storia della Chiesa e del Papato.
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Il volume è costituito da saggi pubblicati in precedenza su "La Civiltà Cattolica", rielaborati e aggiornati per l'occasione, e seguiti da un'appendice di documenti inediti, tratti dall'archivio della rivista dei gesuiti. Nella prima parte sono trattati il genocidio degli armeni e la Shoah; nella seconda la strategia dei bombardamenti a tappeto degli alleati contro la Germania nazista, nonché le foibe; la terza parte comprende tre saggi, di cui due dedicati all'analisi delle posizioni pubbliche di Pio XII nel 1944 e nelle settimane successive alla fine della guerra. A noi pare che la funzione qui svolta da padre Sale sia quella dello storico deputato a ricostruire la figura storica di Pio XII, probabilmente il papa più criticato del secolo scorso per il suo atteggiamento tra il 1939 e il 1945, in particolare davanti allo sterminio degli ebrei, e per qualche sua posizione politica nel dopoguerra. Abbastanza convincente sembra l'analisi delle posizioni di Pio XII dopo il 1944, quando il pontefice sembra disponibile ad accettare il principio della democrazia. Lo storico gesuita osserva infatti che, nel discorso del 2 giugno 1945, papa Pacelli riprese alcune posizioni suggeritegli direttamente da Maritain. Molto acuta ci pare, in proposito, la distinzione fra la posizione nel 1888 di Leone XIII, limitata a una "tolleranza" nei confronti della democrazia, e quella di Pio XII, che ebbe invece a giudicare "privilegiata" questa forma di governo rispetto alle altre. Evidentemente, Pio XII intuiva che il principio della democrazia poteva divenire la bandiera di uno in particolare degli schieramenti politici futuri.
Ben poco di nuovo c'è invece nelle pagine dedicate all'atteggiamento di papa Pacelli davanti alla politica nazista di sterminio degli ebrei. Intanto, fatte salve le differenze, che tutti conosciamo, fra antigiudaismo e antisemitismo, discutibile è il giudizio storiografico secondo cui il primo non è stato terreno di coltura del secondo. Senza addentrarci nello specifico, per smontare la tesi di padre Sale sarebbe più che sufficiente osservare che spesso i numerosi stereotipi antisemiti costituiscono nulla più che una rielaborazione in chiave scientista, secolare, neopagana ecc. di alcuni punti forti della tradizione antigiudaica di provenienza cattolica, dall'ebreo errante al complotto ebraico. Ma la polemica di padre Sale si indirizza proprio contro i settori della storiografia critici verso Pio XII. A suo avviso, infatti, tenuto conto della situazione in cui era precipitata l'Europa dopo il 1939, "la Santa Sede non poteva chiedere o fare di più attraverso i canali diplomatici ufficiali". È questa, per quanto è a nostra conoscenza, la linea dietro cui si è attestato da anni il Vaticano. Che cosa replicare? È a dir poco improba e titanica la fatica degli storici impegnati a difendere papa Pacelli dalle accuse rivoltegli da tutti altri gli storici. A noi pare che, poco più di un ventennio prima del secondo conflitto mondiale, ben più elevato era stato il tono delle proteste vaticane, espresse anche negli articoli su "La Civiltà Cattolica" analizzati con cura da padre Sale, davanti al genocidio degli armeni. Proprio perché, come scrive l'autore, "la 'verità storica' libera dai fantasmi del passato", la verità storica in quanto tale insomma, spesso non è piacevole da contemplare.
Francesco Germinario
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