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Quando il film uscì per la prima volta, i cultori esigenti non lo presero molto in considerazione e inizialmente non lo andarono a vedere. Si pensava ad un qualsiasi film dell'orrore. Peraltro era realizzato con attori dilettanti e con mezzi molto scarsi. Più tardi si sarebbe preso atto che quegli attori se l'erano cavata bene e che il film faceva discutere, nel senso che conteneva tutti i più comuni sentimenti individuali: la paura dei morti e per l'oscurità. Il timore che i morti possano risorgere per ricordarci le nostre colpe. La visione della morte e l'avvicinarsi del momento in cui i morti una volta raggiunti alla fine del percorso, si potranno ricongiungere con ognuno di noi, che non possiamo evitare di appartenere alla morte. Il timore che le nuove scoperte possano prolungare o restituire la vita, sovraffollando un mondo dove la morte può essere una liberazione, ma forse no, perché in qualche modo si continua a vivere: nel ricordo degli altri, o semplicemente con l'anima, sempre in cerca di pace, se non di benessere. Il tema del razzismo, non ancora risolto: la guardia nazionale, anch'essa dominata dalla paura e dal preconcetto, se la prende alla fine anche con un nero, che ha lottato eroicamente e che non si è lasciato trasportare dall'emotività, il vero nemico che si affaccia nelle situazioni difficili. L'America quindi si sente inseguita dai morti che hanno lottato, ma non hanno ancora visto i risultati, ossia l'integrazione dei neri. Così non basta il coraggio se occorre ancora fare i conti col preconcetto e l'appartenenza di classe. I morti non sono i cari estinti nel momento in cui in qualche modo si riaffacciano e la visita al cimitero non è una gita di piacere, perché si ripresentano i rimorsi verso i morti e i vivi. La volontà insistente di rifugiarsi in cantina, per nasconderci, per non pensare, per rifiutare l'informazione e la presa di coscienza ed anche la solidarietà verso chi si trova nella stessa barca ed esige che si remi insieme .....
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