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Gustaw Herling
LA NOTTE BIANCA DELL'AMORE
Romanzo teatrale
Conversazione con Wlodzmierz Bolecki
a cura di Marta Herling,
trad. dal polacco di Vera Verdiani,
pp. 151, Ç 12,50,
l'ancora del mediterraneo, Napoli 2004
Un anziano regista, Luca Kleban, ormai giunto all'apice della sua carriera, sta per perdere la vista: gli rimane accanto una sorellastra che nel corso della vita è diventata sua amante e moglie, e un desiderio finale, quello di scrivere la propria autobiografia, un'"autobiografia muta", come dichiara egli stesso. Così prende il via questo romanzo, l'unico dopo tanti racconti e saggi, di Gustaw Herling. Si tratta certo di un evento particolare per chi conosce l'opera di Herling, dove l'autobiografia e il diario letterario hanno un ruolo da protagonisti e la finzione si mescola con prudenza alla reinvenzione della realtà.
Scrivendo un romanzo, per la prima volta Herling, nei suoi ultimi anni di vita, sceglie di raccontare di un personaggio che proprio non gli somiglia (anche se, naturalmente, molti fatti della vita dell'autore sono presenti nel libro: fra questi una profonda passione giovanile per il teatro) e, tuttavia, mette il regista Kleban nella condizione in cui lui, Herling, è sempre stato come autore: Kleban è il redattore impreciso e dubbioso (cieco) della sua stessa vita.
In una conversazione con Wlodzmierz Bolecki che chiude il libro, Herling dichiara in effetti che in La notte bianca dell'amore ha cercato di esaminare uno dei temi centrali della letteratura moderna, il rapporto fra arte e vita: quando la vita cede all'arte (come accade a Kleban che scivola verso un'inesorabile cecità), l'artista corre il rischio di affidarsi solo alla scrittura, o alla sua arte, quale che sia, e di questo cedimento la vita prende immediata vendetta. Non è senz'altro un caso, dunque, che per raccontare questo gioco delle parti compiuto in vecchiaia Herling scelga un protagonista impegnato nel teatro, un appassionato di Čechov, dei classici russi e inglesi, ma anche di Pirandello - tutta la storia ruota attorno alla messa in scena di Le notti bianche - e scelga anche nel sottotitolo di denunciare la direzione assunta: un "romanzo teatrale". È come se l'autore, rimasto solo con se stesso, riprenda il gioco delle parti che la scrittura impone - e a cui ogni autore è condannato per tutta la vita, a meno che non sia un semplice appassionato privo di talento (così Kleban definisce Sonia, una delle sue attrici) - e lo affidi a un suo probabile alter ego rispondendosi che, infine, lasciare la vita per l'arte e perdere il legame che tiene insieme questi mondi costituisce un fallimento, un cadere nel buio. "È forse vero che nei momenti di pericolo rievochiamo i nostri primi passi nella vita? Come se il destino ci spingesse a rivedere i passi falsi, quelli che in seguito ci avrebbero fatto inciampare in modo ben più grave?", si chiede Kleban la notte prima dell'operazione agli occhi.
Torna alla mente un racconto di Daniele Del Giudice, Nel museo di Reims , dove il protagonista prossimo alla cecità torna a vedere per l'ultima volta i quadri che ha più amato ma incappa in una donna che si offre di raccontarglieli, lasciandolo nel dubbio che il racconto non corrisponda affatto ai quadri: cosa è vero, sembra chiedersi Herling, la memoria o il racconto della memoria che noi ricostruiamo? "Si può raccontare la propria vita e addirittura confessarsi in terza persona, ma solo a patto che sotto la corrente muta del racconto autobiografico risuoni una nota personale", sottolinea Luca Kleban.
Il capitolo centrale del libro, non a caso, è ambientato a Venezia - dunque, nella città delle illusioni - ed è popolato di maschere e mascheramenti. La nebbia bianca che avvolge la città - gli echi di Mann, James e Ruskin, del carnevale finito - si avvolgono attorno alla cecità ormai raggiunta da Kleban, e Ursula è impietrita dall'idea di non essere più "visibile" per Luca: quando il professore che ha operato dice: "Non ho giustificazioni di sorta. Suo marito è cieco", i due vecchi amanti si sono già abbracciati e a Ursula è sembrato anche di vedere un sorriso sul volto di Luca che le dice: "Una notte bianca a Venezia" e al quale lei risponde: "Una notte bianca d'amore!".
Al romanzo seguono due diversi epiloghi, che tacerò per rispetto del lettore: una libertà che l'autobiografia concede a chi resta dalla parte dell'arte, perché, certo Kleban, come Herling pochi anni dopo, è destinato a morire. Ma in ogni storia, d'altro canto, questo finale è sempre certo.
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