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In un’epoca in cui la competizione globale spinge alla delocalizzazione produttiva, alla ricerca dell’abbattimento dei costi di produzione, l’origine di una merce assume una forte connotazione evocativa. Nella valorizzazione della qualità e della trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini s’innesta una terminologia relativamente nuova, il “Made in Italy”, il cui valore ha origini molto profonde e lontane. In tale prospettiva, la regolamentazione giuridica delle attività di produzione e distribuzione dell’olio vergine d’oliva, con l’entrata in vigore della legge n. 9/2013, sembra porre l’accento sulla centralità della persona-consumatore, collocata in un sistema “bilanciato”, che non si risolve in un pregiudizio aprioristico delle ragioni dell’impresa, ma tende ad una tutela giuridica della “concorrenza qualitativa”, di strategica importanza per Paesi nei quali è presente una prestigiosa e lunga cultura alimentare. Il consumatore non è infatti la mera “interfaccia” dell’azienda, ma, al contrario, rappresenta la persona nella globalità della sua esperienza.
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