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Non sono che un critico si può tenere sul comodino per leggerne di tanto in tanto uno stralcio, una citazione, un aforisma. Si può anche divorare tutto d'un fiato, ritrovandosi alla fine vagamente spaesati, con la sensazione di esser stati resi partecipi di riflessioni e annotazioni, a volte intime, spesso amare, a tratti facete, innanzitutto sulla vita, in seconda istanza sul mestiere di critico e sul cinema tout court. Morando Morandini, che la professione di critico cinematografico la pratica da cinquant'anni - prima come quotidianista per "La Notte" e "Il Giorno", oggi sul settimanale "Film TV" e attraverso la pubblicazione annuale del "familiare" Il Morandini, dizionario dei film edito da Zanichelli -, per comporre il suo scritto-zibaldone avrà probabilmente frugato a piene mani nei propri ricordi, nei taccuini, nei tovaglioli di carta carpiti nei bar per trascrivere osservazioni passeggere o frasi buttate lì di corsa da qualcuno, tra le pagine di libri, forse annotate, forse evidenziate grazie a foglietti o cartoline.
Si tratta dunque di una paziente e laboriosa ricognizione che, pur volendosi discostare il più possibile dal racconto autobiografico, descrive in modo minuzioso una personale visione del mondo che si fonda innanzitutto su forti convinzioni etiche e morali (l'onestà intellettuale, il rigore professionale, il senso dell'amicizia). Il sentimento di disillusione e l'amara consapevolezza della pervasiva volgarità e superficialità che ci circonda si traduce a volte in fulminanti annotazioni ("oggi il potere ha bisogno di una critica debole, non decisiva, secondaria e subordinata alle altre tecniche di persuasione, manipolazione e conquista del pubblico: pubblicità, interviste, anticipazioni, sondaggi, classifica, chiacchiera televisiva"), più spesso si veste d'ironia, offrendo al lettore squisiti istanti di divertimento ("i giornalisti passano la prima metà della loro vita a scrivere di quel che non sanno e la seconda a tacere di quel che sanno").
Non deve ingannare il fatto che il volume si presenti nei titoli dei primi capitoli come un "prontuario per giovani critici", né deve sviare questo bel passaggio dell'autore: "Si usa dire che il cinema è una finestra sul mondo. In teoria ogni film può essere un punto di vista sul mondo, sulla società, sulla vita. Si potrebbe dedurne che, a modo suo, un critico è un importante testimone del proprio tempo. Il che non m'impedisce talvolta di avere il sospetto di aver passato la vita guardando un muro, e un lenzuolo bianco sopra quel muro, voltando le spalle alla realtà". L'occhio e "la penna" di Morandini spaziano a 360 gradi attraverso la settima arte per raccontare un certo modo di vivere il cinema, ma soprattutto un certo modo di guardare al mondo.
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