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L'esordio alla scrittura di Giacomo Lopez, "Non resterà la notte", ha tutti i pregi e i difetti di un'opera prima, ma i primi fanno facilmente dimenticare i secondi. La scrittura è semplice lineare e alla ricerca di una purezza che a volte diventa didascalica, ma tiene il ritmo e coinvolge il lettore senza annoiarlo mai. Lo spunto narrativo, la protagonista Sabina incinta litiga con il fidanzato e per la rabbia si rifugia a Villa Pamphili a Roma dove rimane improvvisamente cieca, non è particolarmente originale, ma è bello pensarlo come omaggio ad un maestro della letteratura portoghese e mondiale. I personaggi che hanno attraversato la vita di Sabina non sono ben definiti, ma tutti ci appaiono sinceramente descritti, non filtrati e in fondo li avremmo voluti anche noi come amici e familiari. Il vero valore aggiunto di questo romanzo è il cammino a ritroso a cui è costretta dalla cecità Sabina. Un ritorno alla natura animalesca dell'essere umano come camminare a quattro zampe, cercare rifugio sugli alberi, proteggere la prole, il bere quel che è disponibile, la paura degli altri animali. Sabina non emerge come un "buon selvaggio" di rousseauiana memoria, ma ci mostra che gli istinti primordiali sono solo nascosti nelle sovrastrutture della società moderna, dove a volte trovano un tragico e drammatico sfogo. La stessa protagonista è terrorizzata dalla violenza che possano farle due teppisti e reagisce con una violenza non filtrata dalle convenzioni sociali. Giacomo Lopez inizia con il piede giusto e lo attendiamo alla sua seconda opera, fiduciosi di aver trovato il seme di una nuova letteratura italiana che sappia traumatizzare ma non inorridire, pensare ma non angosciarsi.
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