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Un libro che non mi ha lasciato niente, scritto male forse per sottolineare la poca intelligenza delle protagoniste mentre abnondano le descrizioni di amplessi sessuali. Mah
sto rileggendo questo libro per la seconda volta.è un libro profondo, toccante, può non piacere a tutti, ma per me è stata una rivelazione.viva la bernardini
Ha detto tutto L'Indice, penso. Comunque, decisamente un bel libro che non cade QUASI mai nel banale e nell'ottuso vuoto esistenziale. Un ottimo tentativo di descrivere una generazione difficile proprio perchè apparentemente sterile: quella "dai ventuno in su". Ma la Bernardini ha trentanni e passa: ottima collaboratrice di riviste culturali e programmi radiofonici, la vedo lontana dal mondo che vuole descrivere.
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Collaboratrice di riviste, voce per la radio, la tv e la pubblicità, Ilaria Bernardini (classe 1977) ha scelto ora di misurarsi col romanzo: una storia di giovani, poco più che ventenni, a Milano, la città dove è nata. Protagonista è Michela, col suo sogno di diventare attrice, gli esami all'università e il mondo che le ruota attorno: il fidanzato con cui condivide un monolocale colmo di libri e dal frigo vuoto; l'amica Viola, amatissima, fragile e masochista; e poi altri personaggi, dentro un percorso solcato da speranze, tradimenti, dolorose separazioni. Michela è, in un'immagine, le sue mani: martoriate, rovinosamente segnate (per il freddo?), sanguinanti; sembrano uscite – nel romanzo si dice – da un tritacarne. Le mani sono la cifra del personaggio ("le sue mani che erano solo lei").
Nel risvolto di copertina – si sa – facilmente si tende a esagerare le qualità del libro, così accade in questo caso: con tutta la buona volontà non si può credere che il libro catturi "lo spirito di una generazione e di un'era", nientedimeno: a tanto, onestamente, non giunge. La prima parte sembra promettere bene (astenendosi da iperboliche aspettative): col suo brio giovanile, il respiro aperto dei personaggi, le passeggiate notturne per le vie di Milano; ma poi, pagina dopo pagina, paesaggio e personaggi scolorano in un grigiore invasivo e compiaciuto ("Gioivano di quella bruttezza e del vuoto nello stomaco"), che dai personaggi si trasmette al racconto e – peggio − alla scrittura; anche Milano, sullo sfondo, tende a scomparire, ed è un peccato. "A Michela piaceva l'enfasi", si legge: anche all'autrice, purtroppo, cui fa difetto il necessario distacco dalla materia narrata. C'è un che di accelerato nei gesti dei personaggi. Si legga, ad esempio, il passo in cui è descritto il primo appuntamento tra Michela e Giacomo, il suo futuro fidanzato: "Avevano passato la notte in giro in macchina (…) circumnavigando Milano e dimenticandola, travolta com'era dalle loro parole veloci, nevrotiche, che saltellavano cercando un posto dove riposare. Esausti, alle cinque del mattino, avevano iniziato a baciarsi". O le loro passeggiate notturne, presente anche Viola, l'amica inseparabile: "Parlavano e alzavano i piedi così velocemente che visti da fuori sarebbero sembrati di fretta".
Di diverso, rispetto a certe opere degli anni scorsi, di autori cosiddetti di "nuova generazione", c'è questo (e tutto a sfavore di Bernardini, a segnarne un limite come narratrice): se quelli hanno accettato la sfida a "vedere correndo", imposta da una cultura nata nella trama delle comunicazioni, con un ritmo veloce e un montaggio sincopato, quindi intervenendo sulla struttura del racconto (cfr. Lidia De Federicis, "L'Indice", 1995, n. 3), nel libro presente tutto (e qui sta l'ingenuità) si riversa sui personaggi, che per un eccesso di attivismo giungono a sfiorare l'afasia: un'afasia dei sentimenti. Era questa l'occasione grande, in buona parte perduta, sul romanzo da scrivere: il ritratto di una generazione dai sentimenti anestetizzati (che interrogata sui propri rovelli non sa che rispondere "non è niente", come il titolo del romanzo, quasi una formula-manifesto; e altro titolo avrebbe potuto essere "la sofferenza è anestesia pura", espressione cara al narratore). Questo sì, sarebbe stato il romanzo capace di catturare lo spirito di una generazione. Ma non è rimasto che un tentativo, si spera realizzabile in un futuro non lontano.
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