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No,non ha mai disertato la lotta,MarioLuzi,perché sapeva bene che la poesia,nella polis moderna,è denuncia di una crisi e pertanto deve operare agonisticamente e non più consensualmente nei riguardi del mondo storico e dei suoi istituti,contro i poteri che hanno preso il sopravvento,contro le forze dominanti.[...]perché un poeta“ermetico”e“cristiano”dovrebbe essere un disimpegnato,un‘falso intellettuale’indifferente alle contraddizioni della modernità?Certo,il lettore non troverà in questa eccezionale scelta di testi poetici,prosastici e teatrali[...]esempi di letteratura engagè,perché il poiein luziano non obbediva ad alcun mandato politico:per Luzi,infatti,solo quando la poesia non si lascia coinvolgere dalle ideologie diventa poesia sociale.Egli non era«uomo di parte,né di partito»,e neppure di«partito preso»,eppure il suo fu un impegno totale,nell’intendere la poesia come realizzata dentro il problema dell’esistenza,senza mediazione né residui,un’avventura nelle viscere del mondo,e non certo come un monumento eburneo,alternativo alla realtà.[...]Consapevole dell’inadeguatezza dell’istituto poetico nella tribolata età della prosa,Luzi ha fatto del perpetuo mutamento la cifra essenziale della sua scrittura.E così,la sua poesia ha cominciato a«darsi in agonia»,lasciando cadere,a un certo punto,anche la sua veste antagonistica per assumerne una nuova,agonica,e agire nelle fibre stesse del mondo,nel suo grembo[...]la morte diLuzi resta una perdita inestimabile[...]La cultura non ha perso infatti solo un grande poeta,ma uno sguardo straordinariamente lucido sulle sorti dell’uomo contemporaneo[...]è giusto oggi ricordare anche il coraggio della sua poesia“civile”,benché Luzi non amasse certe definizioni:«la poesia è sempre civile perché usa la lingua,e la lingua non è un bene personale,ma appartiene alla comunità,e quindi è politica»[...]«Nella mia vita non ho mai rinunciato a prendere posizione,lo farò ancora,sperando che non sia scandaloso».
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