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Non dire cazzo - Francesca Rimondi - copertina
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Non dire cazzo - Francesca Rimondi - copertina
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Descrizione


L'unico modo per sopravvivere ai figli è occuparsene.

«Mamma, tu hai mai fatto sesso?»
«Mamma, ma tu ti droghi?»
«Mamma, ma tu lo sai che cos'è il gioco della bottiglia?»
«Mamma, ma tu non hai mai fatto sesso quando io ero in casa, vero?»
«Mamma, che cos'è un tampax?»
«Mi fai vedere il video dei Green Day su Youtube?»
«Mi fai vedere Youtube?»
«Posso stare sveglio tutta la notte venerdì?»
«Posso guardare l'
Esorcista?»
«Possiamo andare avanti veloce nelle scene in cui si baciano?»


"Sono un estimatore di Francesca Rimondi. Non perché mi faccia ridere (anche se spesso, in effetti, mi fa ridere), ma per la forza morale della sua scrittura. Se passate in libreria, vi invito a darci un'occhiata (e poi vedete voi)." dalla pagina Facebook di Giulio Mozzi

«C'è un grosso equivoco dietro ciò che leggerete, che mi tocca molto da vicino in quanto Figlio Numero Uno, il cui unico ruolo nel romanzo è far sorridere il lettore con le proprie sfighe adolescenziali in mezzo alle tragedie-che-fannopiangere-però-sono-raccontate-con-leggerezza della vita di mia madre, tra cui il filone in perfetto stile "Quasi Amici" di mio nonno in ospedale, che se lo leggesse so che si incazzerebbe più di me. Mi sento perciò in dovere di precisare alcune cose. Il primo punto è la sottile linea di demarcazione tra autobiografia e finzione letteraria che l'autrice si ostina a dichiarare evidente e scontata. Non vedo come sia possibile, dato che nemmeno io, personaggio partecipe in prima persona, mi accorgo della distinzione. Quindi la mia priorità assoluta è chiarire a tutti che ogni singolo episodio che riguarda me è, per utilizzare i termini da intellettualoide damsiana di mia madre, un espediente narrativo il cui fine è quello di evitare al lettore di tagliarsi le palle tra un monologo depresso di lei sola a lavorare a Clear Valley e un monologo depresso di lei sola a lavorare a Jesi. Che poi non le mancavano gli espedienti narrativi per strappare due risate. La luna di miele in stile commedia-americana-con-Ben-Stiller dove la mettiamo? E tutti gli episodi della "pisina"? Mio fratello, Numero Due, praticamente, è un fenomeno da baraccone; non appena crescerà e leggerà questo libro, nella migliore delle ipotesi scapperà di casa, nella peggiore diventerà un serial killer. Per non parlare della possibilità che questa invenzione di pura fantascienza - ci tengo a sottolinearlo - diventi famosa. Io sarei costretto a cambiare paese, per dire. Ma è un'ipotesi molto remota. Voglio dire, senza offesa eh mà, tu scrivi come Foster Wallace e dentro c'è tutto: c'è lo sfoggio del tuo bagaglio musicale con i continui occhiolini che strizzi al lettore, c'è persino la critica sociale attraverso le chat WhatsApp delle mamme... Però è una raccolta di post di Facebook, non può diventare famoso, cazzo, anche se va detto che come lettura da cesso è ottima. L'unica cosa a cui devo stare attento è che nessuno sotto la soglia dei venticinque anni si impossessi di una copia. Nel frattempo, mi raccomando, in attesa della mia versione più veritiera ("Non rompere il cazzo"), non datele troppo retta.» Dalla postfazione di Numero Uno
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Dettagli

2018
26 giugno 2018
340 p., Rilegato
9788893420358

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Un libro vivo e vocale
Recensioni: 5/5

Ho avuto la fortuna di assistere alla presentazione del libro con letture di Max Collini e dell'attrice Marina Pitta (che per altro è fra i protagonisti del volume, non svelo perché ;-) ) e mi sono goduta la fruizione secondo me più adatta per un libro vivo e vocale come questo (tant'è che spero nell'uscita dell'audiobook). "Non dire cazzo" infatti è un libro sul dire, prima che sul dire "cazzo" (termine che ovviamente sfugge a tutti: genitori, figli, nonni, pediatri e compagnia cantante - letteralmente: gli incontri immaginari con i personaggi del mondo della musica e non solo sono fra le chicche più gustose). Si dice molto, anche e soprattutto quello che le convenzioni sociali imporrebbero di tenersi dentro: non tanto il turpiloquio, quanto la realtà non filtrata dell'essere madri (e donne, e precarie, e compagne-poi-mogli, e autiste, e pendolari e via dicendo). Fra i due poli dell'adolescenza smaliziata e perspicace del Figlio Numero Uno (autore della postfazione) e la beata infanzia di Numero Due si inseriscono le avventure, gli umori, i successi e gli scivoloni di una donna vera, capace di coinvolgere anche chi madre non è (ma magari è precaria, o pendolare, o semplicemente donna). Un flusso di coscienza che rapisce anche su carta, in virtù della spontaneità della scrittura nata in ambito facebookiano, ma che dà il meglio di sé se viene letto ad alta voce. Ho apprezzato particolarmente i sentimenti genuini che trasudano dalla narrazione, sia quelli positivi, sia, e forse soprattutto, quelli più difficili da raccontare: la frustrazione, la lotta contro il senso di inadeguatezza e lo sguardo intimo e intimista sul passare del tempo, come il momento in cui l'autrice-protagonista "smette di essere figlia", perché i genitori cominciano ad avere bisogno di aiuto piuttosto che fornirlo. Si ride, si piange e all'occorrenza si ripete il mantra del titolo, che quanno ce vo', ce vo'.

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n.d.
Recensioni: 4/5

Divertente e malinconico, molto apprezzato i momenti di tenerezza assoluta di numero due in contrasto con lo scazzo adolescenziale di numero uno.

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Alberto P.
Recensioni: 4/5

Dialoghi serratissimi e irresistibili, ironia fulminante con lampi improvvisi di tenerezza e commozione, personaggi indimenticabili. Si inizia a leggere e non si vorrebbe più smettere.

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Conosci l'autore

Francesca Rimondi

1974, Bologna

Francesca Raimondi (Bologna 1974) si è laureata al Dams. Scrive di cinema e fa la correttrice di libri scolastici. Tra i suoi romanzi ricordiamo La domenica non si lavora (DeriveApprodi 2000) e Non dire cazzo (Frassinelli 2018).

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