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Un film molto bello, quasi perfetto. Più che Pasolini, a me ha ricordato soprattutto il cinema francese dei fratelli Dardenne, dunque un cinema sociale, molto realista e di impatto immediato, senza fronzoli. Incredibilmente bravi e spontanei i non-attori; incredibilmente brava la piccola bambina protagonista, mi ha legato stretta in un nodo di ricordi e cose perdute...
Una bella sorpresa, questo film di due registi, una italiana Tizza Covi ed uno austriaco Rainer Frimmel. La storia è semplice, una donna cinquantenne Patrizia, dalla improbabile chioma rossa, di un accampamento di artisti circensi che vivono alla periferia di Roma, nel quartiere di S. Basilio, trova ai giardini una bambina di due anni abbandonata, sopra un'altalena, la raccoglie e porta con sè nel suo carrozzone e qui le trova nelle tasce un biglietto scritto dalla madre, che dice che tornerà presto a riprenderla. Con l'aiuto di un ragazzino tredicenne Tairo, orfano che vive con la nonna, la donna tiene la bambina, "la Pivellina", come la chiamano tutti. Il marito della donna vorrebbe andare alla polizia, perchè sente il pericolo e capisce che, scoperti sarebbero accusati di rapimento, ma anche lui finisce con l'affezionarsi alla bambina. Il film mette in evidenza l'affetto e la solidarietà di questa gente, da molti guardata con sospetto, solo perchè fuori dalle convenzioni, e vuole certamente sconfiggere certi luoghi comuni ed invitare lo spettatore a non fermarsi alle apparenze. Molto significavo, al riguardo la lezione di boxe, che il marito della donna protagonista, dà al ragazzino tredicenne; gli insegna a difendersi e a colpire, ma solo se costretto a farlo e gli dice - "se il tuo avversario va a terra, niente calci, aspetti che si rialza, per continuare". Gli attori non sono professionisti, ma veri artisti del circo e quindi molto credibili e bravi nel rappresentare la loro quotidianità.
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