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Anno edizione: 2017
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
A me questo libro è piaciuto molto, l'ho trovato ben scritto, sagace piacevole. All'inizio si deve entrare nella storia, le prime pagine non sono così scorrevoli, bisogna prima inquadrare tutti i protagonisti che poi vengono ben tratteggiati dall'autrice. Non li ho trovati nemmeno particolarmente "americani", anche se l'ambientazione è caratteristica, per me potrebbero essere inseriti in qualsiasi romanzo che tratta l'argomento spinoso dell'eredità. Dispetti, tensione, scaramucce, ma alla fine c'è anche un happy end, che ogni tanto non guasta.
Do 3 stelle solo perché la prosa è scorrevole, per il resto concordo nel dire che la trama è "troppo americana" per i miei gusti.
Concordo con Cesare, il libro è abbastanza un'americanata, ma riconosco che la narrativa è scorrevole e piacevolissima. A tratti la storia è fastidiosa: i ritratti dei quattro fratelli e dei loro rapporti sono abbastanza improbabili, l'idea del parto in casa con un ostetrico settantenne e piuttosto malandato ricorda un episodio di Beautiful; la solita madre diabolica alla base di tutti i loro guai. Ma alcuni personaggi minori mi hanno dato molto su cui riflettere, specialmente Walter e Walker, a diverso titolo i due "padri" di questa famiglia apparentemente mediocri e noiosi ma, non essendo Plumb, hanno la facoltà di riportare un po' di ordine e buon senso nel contesto squinternato del quartetto. Il finale è la parte debole del racconto, tirato via, arraffato e francamente deludente.
Recensioni
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C’è poco da fare: nulla appassiona di più dei romanzi sulla famiglia, sulle dinamiche interne tra genitori e figli o tra fratelli. Forse perché le riconosciamo, le abbiamo vissute sulla nostra pelle e leggerle allevia un po’ il malessere, attutisce l’amaro di quell’infelicità che, in maniera e in un misura diversa, si annida in ogni famiglia.
Ci siamo appassionati a Le correzioni di Franzen e Il Nido, ottimo esordio di Cynthia D’Aprix Sweeney, riprende i fili di un discorso non ancora finito, che va oltre il post-moderno, supera la società capitalista (essendone, d’altronde, il frutto) e ritrae una famiglia tenuta insieme dai soldi. Anzi, dall’aspirazione ad essi.
Tutto ruota intorno al “nido”, un fondo d’investimenti creato da Plumb Senior per i quattro figli, Leo, Jack, Beatrice e Melody: un gruzzoletto che nel tempo diventa davvero sostanzioso e che può essere sbloccato (e quindi usufruito) solo al 40simo compleanno dell’ultima figlia.
Un compleanno che si avvicina, veloce, velocissimo, come una Porsche nuova di zecca. Quella stessa Porsche che con Leo a bordo, in compagnia di una cameriera intenta a sollazzarlo, si schianta contro un SUV trascinando nell’incidente, facendo a pezzi e disintegrando l’unità famigliare. Perché la ragazza in macchina con Leo esce mutilata dall’incidente e mrs Plumb, per mettere a tacere lo scandalo intorno al più grande e amato dei suoi figli, usa i soldi del “nido”.
Nessuno la prende bene, e ciascuno per i suoi motivi. Chi ha impegnato una casa per far fronte ai debiti, chi sogna un’ottima scuola per le figlie, chi – anche – aspetta quei soldi per un riscatto personale e professionale. Ecco che si aprono le danze nel salotto di una normalissima disfunzionale famiglia americana: quattro adulti con le proprie vite, aspirazioni, recriminazioni e colpe. Quattro ragioni diverse per mettere le mani sui soldi, per non voler rinunciare al proprio pezzo di eredità e tre ottimi motivi per farla pagare al primogenito, viziato e arrogante. L’ego di Leo riempie le pagine del libro, ma l’egotismo è una carattaristica di famiglia e qui riesiede la parte interessante del romanzo: se Franzen aveva raccontato le storie dei tre fratelli che gravitavano intorno alla casa dei genitori alla ricerca di se stessi, di affetto e passato, la forza che tiene unita i Plumb e fa dei fratelli una famiglia è il denaro, l’aspirazione ad esso, la convinzione che con i soldi (tutti quei soldi) si possano risolvere situazioni difficili e mettere ogni cosa a posto. Solo un finale a sorpresa riporta in vita l’umanità annientata dei fratelli.
E l’autrice usa l’attentato dell’11 settembre, una delle date spartiacque per la storia americana (come lo fu il 22 novembre 1963, con l’assassionio di JFK), per raccontare la rinascita dell’uomo in quanto tale, reduce da disfatte e disastri, dall’illusione che i soldi creano, dalla ricchezza stessa che altro non è se non una statua bellissima, ma priva di gambe e braccia, incapace di andare avanti e tornare indietro senza l’aiuto di qualcuno.
Il tutto condito da uno humour sottile e pungente, che ci fa tornare alle atmosfere delle prime, indimenticabili, commedie di Woody Allen.
“Erano scesi in campo, ormai. I generali sanno quando tenere duro e quando eseguire una manovra strategica, quando ritirarsi e quando avanzare. Loro erano in guerra e lei non aveva intenzione di arrendersi. Non ancora. Non fino a quando non avesse visto Leo.”
Recensione di Beatrice De Carli
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