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Chi non ha mai letto Frankenstein, o il moderno Prometeo, di Mary Shelley, da cui furono tratte alcune fortunate trasposizioni cinematografiche con l’indimenticabile Boris Karloff nei panni del mostro? L’associazione fra lo scienziato, Victor von Frankenstein, e “la creatura” è stata tale che spesso quest’ultima viene identificata con il nome del suo ideatore. Giuseppe Magnarapa, sulla scia di questo celebre romanzo, allestisce un racconto ambientato in epoca moderna e quindi plausibile alla luce delle sue conoscenze mediche, con una geniale variante: scienziato e creatura diventano un tutt’uno. Era difficile inventare qualche cosa di nuovo, ma la vicenda del dottor Varaldi, il più famoso chirurgo esperto in trapianti, che vuole sfuggire alla morte a causa di un cancro che gli devasta il corpo, ma non è ancora arrivato alla testa, è congegnata in modo del tutto originale ed avvincente. Non si tratta più di confezionare un “mostro” con organi recuperati esclusivamente da cadaveri, ma di innestare nel corpo, sano, di un morto per incidente l’intera testa di Varaldi, grazie al compiacente aiuto del suo allievo prediletto Wender e di altri tre medici di chiara fama. L’intervento di per sé si presenta già difficilissimo, ma c’è anche il rischio che, qualora positivamente riuscito, le terminazioni nervose del donatore e del ricevente non riescano a dialogare fra loro. Varaldi, però, ha un asso nella manica: una sostanza chiamata NGF (Nerve Groving Factor) , già sperimentata da Rita Levi Montalcini, in grado di ripristinare l’integrità delle fibre nervose. Non vado oltre, perché il seguito è troppo piacevole e a sorpresa per togliere al lettore il gusto di sapere cosa avverrà. Esposto con uno stile mai greve, anzi piuttosto agile, NGF L’ultimo trapianto è veramente un bel racconto, tanto che ne consiglio senz’altro la lettura.
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