La divinità che ha ispirato questa affascinante raccolta di racconti di Paolo Lagazzi, saggista singolare e raffinato, non è, come di consueto, una musa, ma un dio meno frequentemente invocato dagli scrittori: cioè Ermes, "il custode delle soglie e degli incroci, il dio dei viandanti, dei nodi da marinaio e degli istrioni", nonché protettore si legge ancora in Nessuna telefonata sfugge al cielo, la prosa che apre e intitola il libro degli automobilisti, dei giovani vagabondi e dei maghi di periferia. Un dio che, peraltro, può vantare un lunghissimo commercio con la letteratura, giacché (come ha ricordato lo stesso Lagazzi in un suo stimolante manifesto critico, Tre modi di fare i critici oggi, recentemente pubblicato su "Italian Poetry Review") il primo personaggio letterario "ermetico" è addirittura Odisseo, dotato di "un'intelligenza mai astratta ma prensile, ondeggiante, curvilinea". Odisseo è il lontano archetipo dei protagonisti delle sorprendenti storie di Lagazzi: killer, maghi (si ricordi che uno dei libri più conosciuti di Lagazzi si intitolava Per un ritratto dello scrittore da mago, Moretti & Vitali, 2006), ladri, funamboli, lestofanti, truffatori e altre figure variamente borderline. Del resto, al pari dei personaggi che protegge, Ermes, con il suo "'spirito' politically incorrect", infrange sistematicamente i banali principi etici dei benpensanti. Ecco allora questi venticinque racconti notturni: perlopiù di breve respiro, contraddistinti da un andamento teso e avvincente (non senza risvolti noir), essi mantengono costante la loro energia narrativa fino all'immancabile pointe finale (ogni storia si chiude con un inatteso coup de théâtre). La forza di queste pagine risiede anche in un originale connubio di suggestioni diversissime: da un lato Lagazzi guarda a un certo filone della short story (da Poe a Hemingway a Borges), dall'altro si nutre di suggestioni orientali, quali i racconti zen e le storie taoiste di Zhuang-Zi.
I protagonisti dei racconti si trovano tutti di fronte chi prima, chi poi a ciò che potremmo chiamare l'"imponderabile": cioè a una circostanza, a un evento, o a un fatto, che mai avrebbero potuto prevedere. L'assassino del primo racconto, ad esempio, viene fatalmente distolto dalla sua missione omicida da un improvviso, incoercibile desiderio di "qualcosa di dolce". Così come un altro killer professionista, protagonista della storia successiva, pagherà a caro prezzo la voglia di riposarsi un po' in attesa dell'arrivo dell'uomo che è stato incaricato di uccidere. Se questi due personaggi, posti dinanzi all'imprevedibile, finiscono per soccombere, altri, diversamente, riescono a salvarsi. E lo fanno grazie a un'intuizione rapidissima, a un colpo d'occhio, a un'illuminazione zen. È il caso, ad esempio, di frate Massimo, che, nel racconto intitolato La colpa più grande, riesce abilmente a evitare di essere avvelenato dall'incallito criminale Waldemar, pronto a eliminare il sacerdote dopo essersi confessato con lui. Nel libro non si incontrano soltanto personaggi d'invenzione, ma anche figure storiche o mitiche. C'è il leggendario Robin Hood (Una lezione di tiro con l'arco), di cui qui si svela un segreto assai imbarazzante: non fu lui, in realtà, a eseguire le imprese che lo resero celebre, anzi: lui non era nemmeno in grado di tirare con l'arco; il vero eroe era suo fratello gemello, Charles, a cui Robin si sostituiva, non appena il suo gemello aveva concluso un'impresa, per andare a raccogliere il plauso dei suoi seguaci. Né manca il più celebre mago contemporaneo, Harri Houdini (presenza costante anche nella produzione saggistica di Lagazzi), che qui si trova a dover far fronte alle proprie amnesie, che lo sorprendono nel bel mezzo dei suoi numeri più ardui (Le amnesie del grande Houdini). Protagonista di un'altra suggestiva storia è l'uomo invisibile, il quale, inaspettatamente, si gode solo in parte i suoi privilegi ed è invece incline alla malinconia, specie di notte, quando tutti diventano invisibili: "A cosa gli serve essere tale, se tutti, quando il buio è profondo, sono invisibili come lui?" (La tristezza dell'uomo invisibile).
Conclude il volumetto La notte del nonno Joseph, in cui quest'ultimo, creatore di "sculture che parevano sogni d'aria, trafori fatti dalle dita delle fate", nonché appassionato di astronomia, mentre osserva con un piccolo telescopio le macchie lunari, è testimone, durante la notte di una vigilia di Natale, di una successione di eventi straordinari, che coinvolgono anche un arcangelo e culminano, lungo un climax ascendente, in una visione ancor più straordinaria, che però il racconto sottace, interrompendosi bruscamente con uno sternuto del dottore che rievoca la storia di nonno Joseph. Gesto apparentemente insignificante, lo sternuto, ultimo sussulto della parola di fronte al mistero ineffabile dell'essere, rappresenta il perfetto sigillo di questi racconti "ermetici", funambolicamente sospesi sulla soglia dell'impossibile.
Raoul Bruni
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