Tutto comincia con una pista interrotta: Marinatos, detto il Filisteo, uomo burbero e strampalato, trascorre il proprio tempo libero a cercare per le spiagge di Fuerteventura oggetti abbandonati dai surfisti con i quali arricchire il suo "museo-mausoleo" a picco sul mare. Una mattina incappa però nel corpo esile ed esanime di uno strano essere, dotato di zampe e branchie. Neanche quaranta pagine e Marinatos è già morto. A continuare infatti non è la sua storia, subito interrotta dalla mala suerte, ma quella dello strano essere anfibio che, come un messaggio in bottiglia affidato alle onde dell'oceano, parte dalle Canarie e arriva a sfiorare, cambiando pelle e aspetto a seconda dei contesti, le vicende di tutti i personaggi chiamati in scena dall'autore. Alessandro Raveggi, fiorentino emigrato in Messico, fa il suo esordio nella narrativa (dopo prove di poesia, teatro e saggistica) con un romanzo ambizioso, cosmopolita (che spazia da Oslo a Parigi, dai Pirenei alle "sue" Città del Messico e Firenze), allegorico, esito del sogno tutto postmoderno di una narrazione in grado di contenere il mondo intero. Dentro, infatti, ci troviamo le storie più diverse: c'è Alfredo, studente fiorentino in Erasmus in Norvegia, che studia i comportamenti delle persone e inventa una macchina che ne dovrebbe re-indirizzare le reazioni, disinnescandone l'italico fatalismo; c'è Carolina, ex star della tv messicana, che si lascia alle spalle una tragedia familiare per imbarcarsi sull'Ecumene, nave sempre in viaggio dove vecchie "api operaie" delle fiction televisive si dedicano alla purificazione interiore, nell'attesa di un ambiguo rito di passaggio; c'è Vittorio Buono, ideatore di un gioco planetario che sfrutta il corpo vivo della realtà (dei giovanissimi fenomeni da baraccone) per farne l'apoteosi dell'intrattenimento. Accanto a loro si muovono altri personaggi e altre storie. Su tutti aleggia però lo spettro, ora minaccioso ora addirittura grottesco, dell'avvento di una nuova specie, quella dei ragazzi-anfibi, di cui Juan Nella Vasca (chiamato anche Jan, Jean, Mutino, Verdolino e axolotl) sarà modello e campione. Teorie messianiche e attese millenaristiche troveranno una sorprendete convergenza nella conclusione, in cui la grande onda dell'alluvione sommerge una Firenze invasa dai turisti, scenario apocalittico di quello che, con sorprendente trovata pubblicitaria, viene definito il Gran Finale Abissale. Giacomo Raccis
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