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A metà tra il diario e il personal essay, Coscia rende omaggio agli animali e riflette sui limiti (e l’arroganza) dell’uomo, che troppo spesso fa della forza il suo diritto; ma stila anche un bilancio esistenziale, estorto da un tempo di quarantena che costringe a fare i conti con noi stessi.
C’è qualcosa di più misterioso della devozione di un cane verso l’uomo e dell’amore che noi ricambiamo per questa devozione? Essa esiste da quando uno sforzo inaudito ha tratto lontano dalla sua natura il primo cane, che con il suo inevitabile, struggente fallimento di umanizzazione ha finito per attirarci dalla sua parte, a ricordarci cioè la nostra più antica animalità. Questo libro racconta, così, nell’anno tra la prima e la seconda ondata di Covid-19, tra lockdown e cauti ritorni alla vita, una semplice storia d’amore tra un cane e il suo padrone, laddove la presenza muta e fedele dell’uno spinge l’altro a riflettere sul rapporto tra parola e silenzio, tra realtà e scrittura, tra vita e tempo, in un viaggio nella letteratura e nell’arte, ma anche nella filosofia, nel fumetto e nel cinema, con l’andamento divagante delle quotidiane passeggiate canine.
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