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Nella fattoria - John Updike - copertina
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Nella fattoria - John Updike - copertina
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Descrizione


Dopo una fuga avvenuta molti anni prima, Joey ritorna alla sua terra di origine, la fattoria, con la seconda moglie, una tipica donna di città, e vi ritrova la madre, da cui aveva cercato di liberarsi, e la sua stessa infanzia, che la vita metropolitana gli aveva fatto dimenticare. Ma il ritorno, che voleva essere quasi nostalgico e commosso, si rivela subito essere uno scontro. Le due donne, simboli di due modi di intendere la vita opposti ma entrambi caratteristici della società americana, si fronteggiano senza esitazione e, nonostante il fascino della memoria infantile e la mitologia familiare tenuta in vita dalla madre, la scelta di Joey è già stata compiuta, una volta per sempre: il ragazzo americano non può più tornare indietro.
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Dettagli

2005
161 p., Brossura
9788882468323

Valutazioni e recensioni

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luciano
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Il trentacinquenne Joey, che abita a New York, va a trovare la vecchia madre in Pennsylvania dove abita da sola in una fattoria trascurata; il campo è invaso dall'erba e deve essere falciato. Joey porta con se Peggy, la sua seconda moglie, e Richard, il figlio di lei. Joey ricorda di avere passato in quella fattoria "anni pieni di ore tristi". Il rapporto di Joey con la madre è da sempre conflittuale; la ricorda come una strega: " con i capelli sciolti aveva sempre avuto qualcosa della strega fin da quando da bambino la guardavo che se li spazzolava...di notte quando se li spazzolava in camera sua, dal mio letto potevo vedere come sprizzar di scintille". La madre, donna autoritaria, che sa suscitare facilmente sensi di colpa, è stata determinante nel divorzio tra Joey e Jean, la prima moglie; gli stessi attriti e le stesse dinamiche di allora si ripresentano con la seconda moglie e il povero Joey, che non sa decidersi, dice: "la mia infantile fedeltà ondeggia perplessa tra mia madre e mia moglie, che inesplicabilmente sono in disaccordo". Joey si barcamena tra la madre e la moglie; vuole accontentare sia l'una che l'altra, con il risultato che le scontenta entrambe. Riflette, allora, su se stesso e sulla propria vita: "mentre correvo attraverso il prato mi prendeva allo stomaco quell'antica sensazione infantile di incapacità, di colpa, la convinzione che il mondo fosse una specie di vistosa parata cui io avevo in qualche modo mancato e di cui potevo vagamente cogliere il rumore, senza però trovarla". Intanto che la madre e la moglie litigano e Joey ondeggia la vita passa in una quotidianità feroce.

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Pedro
Recensioni: 5/5

meraviglioso esercizio di prosa. Non succede pressochè nulla ma ho letto il breve romanzo tutto d'un fiato per la fluidità di Updike nel descrivere i comportamenti e la psicologia dei personaggi. Gioiellino.

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Libetta
Recensioni: 3/5

Molte chiacchiere, due generazioni e due donne che si confrontano nell'eterno scontro nuora/suocera ma con dell'altro oramai obsoleto e difficile per noi da cogliere.

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Recensioni

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Voce della critica

Un libro uscito in Italia nel '70 e da allora del tutto dimenticato nonostante la fama, negli anni acquisita, del suo autore. Updike è uno scrittore discontinuo, addirittura, per alcuni critici, di cassetta e sensibile alle dure leggi del mercato. Questo romanzo è invece sideralmente lontano dai meccanismi da bestseller: racconta della visita alla madre di Joey, che da poco si è risposato, nella fattoria della Pennsylvania dove ha trascorso l'adolescenza. La nuova moglie è una cittadina a tutti gli effetti, porta tacchi alti e minuscoli bikini, la madre è una donna tagliata con l'accetta e avvezza alle manipolazioni. Con i tre, obtorto collo , è presente anche il figlio undicenne che Peggy, la seconda moglie di Joey, ha avuto dal precedente matrimonio. La convivenza tra queste persone, da subito, è difficile perché ognuno aspirerebbe a essere ammesso dentro a una nuova, ipotetica, comunità, ma i torti e il dolore provocato in passato da scelte imposte - l'ossessione della madre per la vita in fattoria nonostante la ribellione del padre, la separazione dalla prima moglie e il quasi abbandono dei tre figli - pesano come interlocutori muti, ancora minacciosi.
Il tema della difficoltà di comunicare che oggi sembra fuori moda, trova qui un'efficace variazione. Pur influenzato nell'uso metaforico dei sogni e delle immagini da una massiccia frequentazione con la psicoanalisi, Updike riesce a conferire una certa consistenza anche letteraria ai personaggi. Soprattutto a quello della madre, che si muove sul doppio binario del ricatto e dell'autorità. Maestro nell'inseguire i cascami del proprio senso di colpa, indeciso se appoggiare la madre che esplicitamente disapprova la sua nuova unione, o la moglie che su di lui ha un forte ascendente di puro ordine sessuale, Joey è chiuso dentro la sua paura al punto tale da rimuovere l'esistenza stessa dei figli.
Chiuso in mezzo a due diverse oscurità - "L'oscurità di mia madre era vivificante mentre quella di Peggy era fredda, densa, metallica" - rappresenta in modo davvero convincente la neutralità di un certo tipo di intellettuale posto di fronte alla necessità di prendere posizione. L'intima certezza che "la verità viene costantemente formata dal solidificarsi delle illusioni" gli impedisce strutturalmente di essere padre, figlio e amante. Ondivago, leggero, distratto, Joey falcia il prato che ormai assedia la fattoria e si fa prendere da una nostalgia struggente per New York. Vuole tornare e sa di dover restare per decidere se vendere o meno la vecchia azienda. Anche se tornare significa dover decidere per la nuova famiglia, relegando nel passato l'immagine della prima moglie che ancora vive dentro di lui. Così come ha fatto con la passione letteraria, a lungo coltivata dalla madre.
Intorno ai sobbalzi delle loro anime, sempre risentite, Updike descrive una natura naturale . Selvaggia ma antropomorfizzata, di more mature, di steccati usurati dall'uso, di acquazzoni estivi. Respiro più ampio e nobilitante delle pulsioni umane che fa di questo romanzo un esempio, forse minore, forse datato, della pervasiva lezione faulkneriana.

Camilla Valletti

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Conosci l'autore

John Updike

1932, Shilligton, Pennsylvania

Scrittore statunitense. Entrato appena ventenne nella redazione del «New Yorker», vi pubblicò poesie (raccolte poi in Pali del telefono, The telephone poles, 1963) e racconti (La stessa porta, The same door, 1959) che della rivista newyorchese hanno la cifra stilistica: il nitido funambolismo verbale, i toni dell’ironia e della nostalgia. Il romanzo breve Festa all’ospizio (The poorhouse fair, 1959) e i felicissimi racconti di Le piume del piccione (Pigeon feathers, 1962) rivelano gli sviluppi di una scrittura personale, delicata e nervosa, tesa a rappresentare le lacerazioni del quotidiano, le epifanie dello sguardo infantile, le trasparenze della memoria. Frattanto, in Corri Coniglio (Rabbit run, 1960 - tradotto da Bruno Oddera per Mondadori nel 1961), il suo...

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