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Chi è il bambino? In particolare, chi è il bambino ospedalizzato? A partire da un ragionamento sull’etimologia della parola – che rimanda, nello specifico, all’idea di essere piccolo, che non parla; di creatura marginale e più vicina al naturale e all’animale, con cui condivide l’assenza di parola, che all’umano – sfruttando la metafora, cara alla tradizione fiabesca, dell’attraversamento del bosco e l’immagine di Pollicino, il volume si articola in una riflessione intorno alle categorie problematiciste della differenza e dell’inattualità dell’infanzia, che è tanto più, appunto, differente e inattuale, quanto più si trova a dover vivere esperienze traumatiche quali possono essere, appunto, la malattia e l’ospedalizzazione.
A questa prima parte, che si articola intrecciando riflessioni pedagogiche a immagini letterarie, segue una seconda parte, dedicata più specificamente alla proposta di una pedagogia della cura in ambito ospedaliero pediatrico, incentrata sulla figura di un educatore, l’Educatore ospedaliero per l’infanzia, che, già oggetto di una prima riflessione da parte dell’autrice in un volume precedente: Bambini in ospedale. Per una pedagogia della cura [Anicia, 2015], viene in questa sede ulteriormente sviscerata, dapprima su un piano puramente epistemologico, in seguito attraverso il resoconto di un’esperienza condotta per tre anni presso i reparti di Pediatria e di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza degli Ospedali Riuniti di Foggia.
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