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Ah felicità, su quale treno della notte viaggerai; lo so che passerai ma come sempre in fretta, non ti fermi mai. Preso a prestito da una canzone di Lucio Dalla (e ce ne saranno tante altre di citazioni musicali), è questo l’amaro refrain del malinconico e divertente, agrodolce e raffinato libro di Donato Andreucci. Il suo terzo lavoro, dopo Cometa e Belmoro. La sera, davanti al Blue bar i due anziani protagonisti del libro, Celestino e Leonardo, birbanti e senza nessuna voglia di diventare adulti, osservano scorrere monotona la vita di una piccola città di provincia, multietnica e globalizzata, eppure ancora agganciata al riservato torpore della cultura cultura paesana. Che noia se non fosse per les garçons, les plus beaux, il sorriso malandrino e lo sguardo invitante, che Celestino e Leonardo amano di un amore impossibile, accontentandosi spesso di uno sguardo, di uno sprazzo di felicità. Quella che inseguono tutti gli altri personaggi del libro, quasi felici, a volte, ma ancora lì, ad aspettare un treno che viaggia nella notte.
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