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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2020
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La poesia in apertura, a cui allude il titolo del libro, contiene in nuce alcuni dei suoi temi fondamentali. In primo luogo la constatazione dell’inspiegabile gratuità della vita, l’interrogativo riguardo al suo nascere e finire, che pare avere come unica giustificazione la pura riproduzione della materia e dell’energia. Domande che vengono riprese nella terza sezione del volume, con un’esplicita sterzata in direzione del sarcasmo e dell’amarezza, quasi a voler dire che certo non sarà la poesia a poter suggerire risposte, e tantomeno a fornire consolazione. Infatti i temi, spesso irridenti e polemici, sfruttano gli stratagemmi linguistici dei calembour, della boutade, dell’invenzione grafica, di stili e forme diverse, sbeffeggiando la seriosità delle varie ipotesi scientifiche e teologiche che pretendono di dare un significato al nostro esserci. Possiamo divertirci leggendo una spassosa Conferenza tra quattordici musicisti che si autodefiniscono con prosopopea o con tremante pudore; oppure assistendo a inseguimenti polizieschi sulle tracce di ladri, spie, amanti fedifraghi; o ancora osservando lo stravolgimento di confini geografici e temporali, sempre con il trionfo finale dell’assurdo, del nonsense, che può ricordarci altri grandi e labirintici autori dell’Europa orientale, come Kafka, o i suoi compatrioti romeni Ionesco e Nina Cassian. Il corpo centrale della raccolta è costituito da un dramma in versi composto nel 1999, Via Crucis, vera e propria sacra rappresentazione della Passione di Cristo. Qui Szöcs mette in scena sul tradizionale sfondo palestinese un coro angelico osannante e la folla chiassosa, varie comparse umane e animali, e tutti i protagonisti del racconto evangelico, con irruzioni improvvise di personaggi biblici o di artisti contemporanei: presenze animate da invenzioni surreali, e da conversazioni inverosimili, in un connubio ironico di storia e leggenda, di esegesi e cronaca attuale.
Recensioni
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