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Questo libro è frutto del lavoro congiunto di padre Giulio Basetti-Sani (1912-2001), frate minore dal1928 e tra i massimi esperti del mondo musulmano oltre che figura di spicco del dialogo islamo-cristiano, e di Matteo Verderio, coordinatore per i rapporti con il mondo religioso della sezione italiana di Amnesty International. Ci viene presentata la singolarissima esperienza di fede, oltre che umana, del marocchino di fede islamica Abd el Jalil (1904-1979) che divenne poi cristiano cattolico, nell’ordine francescano, con il nome di “Giovanni Maometto”. Avviato ad una promettente carriera di studioso, frequenta a Parigi negli anni venti corsi di teologia cristiana così da poter combattere più efficacemente l’odiata religione dei francesi, colonizzatori del suo paese. Ma i piani di Dio sulla sua vita erano diversi, e l’astio che lo animava si trasformò in uno sconfinato amore per il Cristo e per il dialogo tra mondo islamico e cristiano di cui divenne una delle figure di spicco per la sua profonda conoscenza di questi due universi spirituali e culturali. Pio XI lo chiamò Giovanni Maometto, a simbolizzare chiaramente il cammino di fede di Abd el Jalil, che non considerò mai la conversione al cristianesimo come rinnegante la tradizione religiosa che gli aveva aperto le porte di Dio nei primi anni della sua vita; ma come l’approdo finale di un cammino di profonda conversione che era iniziato nella fedeltà al credo del profeta. Quindi, per Abd el Jalil, l’islam non era una fede da eliminare o combattere come falsa, bensì un itinerario spirituale che trova la sua piena attuazione e realizzazione nel momento che sfocia nel cuore della tradizione cristiana. Il passaggio al cristianesimo non rappresenta un passare a qualcosa d’altro che si giudica più importante e vero della dottrina islamica, ma è un trasformare verso l’alto e un portare a compimento quello che già ci si trova ad avere. La sua vicenda richiama alla mente il percorso esistenziale di Edith Stein.
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