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Dopo svariati progetti, alcuni anche monografici (sono noti quelli su Ellington, Monk e il lydian bop ma notevole e significativo è stato l’impegno su The Black Saint di Mingus), altri per certi versi trasversali (come quello sullo spanish tinge), a dieci anni da Back to Da Capo, la Lydian Sound Orchestra torna a guardare la tradizione con occhi nuovi. Il filo rosso è chiaramente Ellington ma in esso si innervano tanto echi tristaniani (Caravan) che sapori coltraniani (Midsummer Night), cadenze bachiane (ma il Capanno ha preso le mosse da una antica melodia cimbra e la modulazione all’omologo tono maggiore potrebbe essere schumaniana) e Feuilles debussiane. Tuttavia - come fa intendere Brazzale nelle liner notes - sarebbe sin troppo facile scovare qua e là riferimenti a Eric Dolphy o immancabili rimembranze di George Russell (peraltro, persino nel titolo stesso del cd), accenni a Gil Evans o a più di una intrusione extrajazz. La verità è che, ancora una volta, il lydian sound è innegabilmente un brand che non ha eguali. E non solo per merito della scrittura di Brazzale ma non meno per l’apporto di tutti i solisti, lydiani convinti, uno più bravo dell’altro, tanto nei brani originali che nelle riletture. Basti il Freedom Day conclusivo, quasi un teaser del progetto prossimo venturo, verso un rinnovato impegno civile, nel quale diventa necessario l’apporto della voce umana: dopo l’ultima nota, non si sa bene se questo piatto, frutto di una gioiosa cucina che mette vicino e mescola ingredienti antichi e moderni, sia jazz o cosa sia. Ma cosa importa? E’ senz’altro Musica. Di qualità.
Recensione di Bruno Grotto.
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