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Nel corso dei secoli sono state le acque a dare la fisionomia alle ‘terre basse’, costituendo sia un pericolo e un impedimento, sia una risorsa per la vita degli uomini che vi abitavano e vi operavano. Al loro interno sin dall’antichità si sono dispiegate azioni di bonifica e colonizzazione, che, per lo meno fino alla fine del secolo XIX, sono state portate avanti senza dimenticare l’indispensabilità del mondo naturale per la sopravvivenza collettiva. Le acque hanno costituito nel tempo una risorsa importantissima per tanti aspetti: ad esempio come fonte di approvvigionamento energetico. Corsi d’acqua naturali o artificiali costituirono, infatti, a partire soprattutto dal Medioevo e a lungo nel tempo, la fonte di energia che alimentava impianti molitori grandi e piccoli che punteggiavano città e campagne e che potevano avere destinazioni funzionali diversificate. Ma, al di là delle differenze di funzionamento e di produzione, la forza motrice privilegiata fu sempre per lunghi secoli rappresentata dall’acqua, le cui potenzialità l’ingegnosità degli uomini ha cercato nel corso del tempo di mettere a frutto al meglio, imbrigliandola, accumulandola per controllarne il deflusso e fare fronte ai periodi di penuria, deviandola, canalizzandola e investendo risorse. Comunità umane, acque e mulini sono stati a lungo strettamente legati all’interno di veri e propri sistemi produttivi, chiave dell’organizzazione sociale dello spazio.
È su questo articolato intreccio di rapporti che concentrano l’attenzione i numerosi saggi del volume, significativamente dispiegati nello spazio dell’intera pianura bolognese e nel tempo, dal Medioevo all’Ottocento.
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