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Non credo al concetto dell'uguaglianza. Ci sono esseri superiori e questa superiorità ha il marchio della ferrea volontà, della intramontabile fede nello spirito e nel cuore. [?] Essere superiore vuol dire vincere sempre perché con il cuore non si perde mai». Sono la speranza, la passione per il proprio lavoro e il forte senso di giustizia che portano Trombatore in posti dimenticati, lasciati alle loro miserie morali e umane. È il rifiuto di una realtà, è lottare perché qualcosa cambi, migliori e porti sollievo a chi non ne ha mai avuto: «Ho conosciuto eroi del nostro tempo, ho visto dottori che vivevano nella giungla e servivano i più umili: da loro ho imparato il coraggio, ma non l'accettazione di quella realtà indicibile». Borneo, Congo, Eritrea, Marocco, Somalia sono solo alcuni dei luoghi toccati dal lavoro dell'Ong per cui Trombatore opera, ma le crudeltà cui ha assistito sono state sempre le stesse e l'unica risposta possibile era accogliere le vittime e lenire le offese subite, non avendo l'autorizzazione a intervenire concretamente: «Era come se avessero la libertà di stuprare, uccidere e bruciare. Di solito il governo chiudeva sempre un occhio e incitava le Ong a fare di più, come se non bastasse il fatto che eravamo già soffocati dalle tasse». Senza appoggio e con la sensazione bruciante di impotenza, l'autore si è trovato in molte situazioni in cui la filosofia del "porgere l'altra guancia" non sembrava la risposta più giusta: «Dal 2009 a fine 2010 ho assistito a stragi di civili, a decapitazioni, a stupri di massa che mi hanno sopraffatto e mi hanno portato a odiare l'uomo. Per la prima volta ho seriamente pensato di fronteggiare quelle violenze con la violenza. [?] Io sapevo e ne sono convinto anche adesso, che l'unica soluzione era cercare ed eliminare quegli uomini». Ma il contributo di un operatore umanitario non è portare giustizia o ripagare le vittime dei torti subiti, il suo compito maggiore è quello di ridare una speranza a chi l'ha persa.
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