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Per l’Autore ci sono tanti movimenti tellurici che stanno ridisegnando la carta del mondo, nei suoi rapporti di forza in piena metamorfosi, nella specificità europea e, dall’altro lato, si vedono dei microproblemi che si considerano insormontabili. Diciamoci la verità: siamo di fronte a uno scontro di civiltà e a una terza guerra mondiale di nuovo tipo: l’europa è un congelatore di valori occidentali classici, mentre gli americani pensano di capire tutto e si muovono rudemente. Sono in gioco le regole del capitalismo (soprattutto finanziario) dominante: nell’atlantismo economico e finanziario che non porterà al convergere dei valori e dei punti di riferimento delle società civili, né alla nascita di legami strategici predominanti. Le diseguaglianze non sono tollerabili: il populismo ne è una manifestazione, fra altre. Occorre ricorrere piuttosto al principio di equità. Manca una società civile forte, con organismi intermedi attivi che promuovano l’interesse generale e non particolare (se non massonico). Lo Stato è inefficace, senza più i presupposti del dopoguerra (riconciliazione, ricostruzione, ecc.). Lo homo europeanus è pacifista, terzomondista, edonista nelle aspirazioni economiche e sociali, individualista, attento a preservare il proprio benessere. Ma questo modello non può funzionare. Del resto accogliere immigrati è più facile che migliorare il sistema di formazione, ridurre il costo del lavoro, abolire, in caso di comportamenti deplorevoli, il sussidio di disoccupazione o ricreare uno stimolo alla ripresa del lavoro (azione a lungo termine) soprattutto va frenato il declino intellettuale e culturale. Sfuggire da tutto questo e dalla sindrome tribale e del villaggio è ormai una questione di sopravvivenza. Un libro del 2005 lucido e preveggente.
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