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Nell'ultimo ventennio, se prendiamo come punto di riferimento Breviario mediterraneo (1987) di Predrag Matvejević, il Mediterraneo e la sua metafora sembrano aver avuto una fortuna costante nel dibattito culturale e politico italiano. A dieci anni circa dall'uscita del Pensiero meridiano di Franco Cassano, che vede nella metafora ripudiata del "mare fra le terre" (che le mette in contatto) l'alternativa al mare-oceano (che le separa), Chambers pubblica Le molte voci del Mediterraneo.
Ancora una volta, quindi, l'accento cade sulla molteplicità dell'esistenza mediterranea, sulla sua ricchezza di modelli a fronte di quello unico "oceanico". Chambers getta uno sguardo spaesante, suggestivo e impietoso sull'Europa al di qua e al di là del 1492. Le direttrici sono quelle degli studi culturali e postcoloniali (di cui Chambers si è fatto promotore in Italia), che mettono a soqquadro categorie quali modernità e progresso lineare, nonché i confini stessi delle discipline adoperate.
Quasi che all'allargamento dello sguardo su uno spazio globale (quindi non solo nord-occidentale) corrisponda quello dello sguardo su un tempo altrettanto globale, il processo di "interrogazione" dell'Occidente coinvolge a ritroso tutta la sua storia: dalle magnifiche e progressive sorti del positivismo all'accecante razionalità dell'Illuminismo, fino al monolite dell'Umanesimo greco-latino e oltre. "Storicamente e strutturalmente scrive Chambers questo stesso Umanesimo è stato incapace di riconoscere l'intrecciarsi dei contributi africani, arabi, islamici, ebrei e asiatici in seno alla sua formazione (
) l'Umanesimo è stato categoricamente incurante dell'espressione differenziata dell''umano'". Più che manifestazioni esterne al Mediterraneo, questi differenti contributi sono da considerarsi da sempre al suo interno, lo hanno sempre abitato, come la Spagna e la Sicilia arabe, l'ebraismo europeo, l'islam dei Balcani stanno lì a ricordarci.
Si tratterebbe di emanciparsi da un doppio sguardo condizionante. Uno sguardo geografico, quello del Nord ricco ed egemone, che vede tutto ciò che non corrisponde alla sua modernità come sottosviluppato e subalterno (qui si pensa anche ai confini interni della nostra nazione, ai quali Chambers dedica un'importante parte del suo discorso, in particolare a Napoli). Uno sguardo storico, quello della rappresentazione di origine rinascimentale di un soggetto sovrano e indipendente che condusse agli stati nazional(isti) e a una visione del Mediterraneo mutilato, non multiplo, quale effettivamente è, una volta che gli siano restituite la sponda meridionale e quella orientale.
Al mito classico dell'Odissea, Chambers ne contrappone un altro più ibrido: quello dell'Eneide e del suo avventuriero orientale che parte da Troia per fondare Roma, un eroe conteso anche dall'altra sponda nella persona di Mehmed II, che molti secoli dopo rivendica la discendenza troiana dei turchi. Luigi Cazzato
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