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Il film esalta l'intelligenza, le mille risorse, la genialità delle intuizioni, “l’arte di arrangiarsi” e ci fa nostalgicamente tornare indietro nella Napoli degli anni ’80, dove i tre fratelli riscrivono in poco tempo le regole dell’industria musicale internazionale e della pirateria, tentando di scampare all’occhio attento della legge e dando vita al cosiddetto “falso originale”. è forte la presenza della tecnologia ed è evidente la precarietà dei supporti musicali. Passiamo dai grandi macchinari necessari per le masterizzazioni, al supporto fisico della mitica audiocassetta, che si vede già soppiantare dall’arrivo del CD, primo step del percorso verso l’attuale “musica liquida” che si ascolta o si scarica dalla rete, portando a termine la definitiva de materializzazione dei supporti. Una sorta di rinvio alla precarietà contemporanea di ciò che accade oggi nella vita quotidiana, dove i ritmi sono sempre più frenetici e tutto passa e si dimentica velocemente.
Un impero costruito sulla “pirateria legale” sche permise a tre ragazzi del quartiere Forcella di creare una fortuna su una loro passione, e di uno di loro in particolare: Enrico, capace di conoscere e memorizzare gusti, passioni e mode musicali di ciascun cliente. Sibilia affida la pellicola, che dopo “L'incredibile storia dell'Isola delle Rose” (2020) è ancora ispirata a un fatto realmente accaduto, a tre protagonisti interpretati dagli esordienti Luigi D’Oriano (Enrico), Giuseppe Arena (Peppe) ed Emanuele Palumbo (Angelo) scelti perché fisicamente simili ai loro omologhi e immediatamente costretti a convivere per qualche mese per abituarli alla vita simbiotica alla quale la famiglia Frattasio era da sempre consona, prima assieme ai genitori; padre ambulante e madre casalinga, e poi sempre insieme in ogni spostamento di lavoro sino all’incarcerazione per reato di violazione dei diritti d’autore; se però vi aspettate un ritorno alle origini del regista Salernitano, con le medesime atmosfere dramedy alle quali ci aveva abituato con la trilogia di “Smetto quando voglio” rimarrete delusi. Come la precedente pellicola interpretata da Elio Germano e Matilda De Angelis la trema risulta lineare, molto fissa sulle vicende e meno sui pensieri in particolare di Enrico, vera mente musicale della famiglia Frattasio e a tutti gli effetti creatore ante litteram dell’algoritmo di Spotify, con i gusti degli utenti impiegati per suggerire nuovi artisti. Questo passaggio colpevolmente manca, ma non la musica, non gli ianni ‘80 e non l’intraprendenza di tre ragazzi capaci di creare dal nulla e da situazioni d’indigenza un’idea vincente. Da vedere se siete nostalgici, se non conoscevate una vicenda che ha modificato la legge sui diritti d’autore di casa nostra, ma anche se la conoscevate perché comunque pur con tutti i limiti la visione attraversa con freschezza la storia della nostra penisola declinata attraverso lo sguardo disincantato di tre ragazzi pieni di passione.
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